Alessandro Capozzo e il Risorgimento “moderno” per Bergamo Brescia 2023
Come può un Museo, dall’ampio contenuto storico, innovare integrando analogico e multimediale? Come può arrivare ad essere compreso da generazioni diverse, con linguaggi trasversali? Come può essere raccontato il Risorgimento in chiave attuale utilizzando il digitale per valorizzarne tutte le sfumature così da restituire un racconto chiaro e comprensibile? Come gli strumenti moderni, intrecciando linguaggi e metodi diversi, possono concorrere a offrire una lettura fruibile al pubblico?
Noi vi raccontiamo qualcosa della progettazione multimediale proprio grazie alle parole del nostro professor Alessandro Capozzo, docente del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte di Accademia SantaGiulia, che fuori-classe è designer e media artist e si occupa di allestimenti, exhibition design, installazioni e multimedialità insieme a Limiteazero, la società che gestisce con il socio, Paolo Rigamonti.
Alessandro ci accoglie virtualmente nel suo ufficio e, attraverso il PC, entriamo in contatto con un pezzetto del suo mondo, fatto di musica, tecnologia e tanta passione!
Alessandro Capozzo, raccontaci di te.
Ho un background abbastanza bizzarro: ho alle spalle una formazione umanistica e musicale. Negli anni ’90 ho studiato musicologia e musica elettronica e ho cominciato a utilizzare le tecnologie in modo creativo mettendo mano su computer e macchine digitali con uno scopo meramente estetico e artistico.
Sono entrato, quasi per caso, in una delle prime New Media Agency dove mi sono reso conto di avere più occhio che orecchio e ho iniziato a lavorare come Regista Multimediale. Stava emergendo uno scenario nuovo, sia dal punto di vista delle tecnologie che dei linguaggi, e si creavano degli strani ensemble di creatività dove ognuno metteva un pezzo della propria conoscenza.
Ad un certo punto, intorno al 2001, da un giorno all’altro, quello che era un settore di grandi aspettative, dove erano stati investiti fiumi di denaro, sembrava aver improvvisamente perso valore e la conseguenza fu il ridimensionamento di moltissime realtà collegate a questo mondo.
Di colpo mi sono trovato dall’essere super impegnato ad avere un bel po’ di tempo libero così ho cominciato a sperimentare quelle tecnologie che utilizzavo in contesti commerciali con lo scopo della pura sperimentazione creativa. Sono stato uno dei primi ad utilizzare Processing, un linguaggio di programmazione per artisti e designer e hanno iniziato a chiamarmi in vari festival come artista di arte generativa grazie a sperimentazioni dal valore culturale anche attraverso installazioni interattive e multimediali all’interno di mostre e musei.
Come si è sviluppata la collaborazione con Limiteazero? Cosa significa lavorare in questo tipo di realtà oggi?
Ho iniziato a lavorare con Limiteazero come freelance. Quando uno dei soci ha avviato un nuovo progetto, io e Paolo Rigamonti abbiamo deciso di rifondare la società in una prospettiva meno sperimentale rispetto ai primi anni e più orientata alla creazione di progetti di allestimento multimediale. Così ci siamo specializzati nella progettazione di mostre e musei: abbiamo sviluppato un piccolo team, il cuore di Limiteazero, che poi si espande con una ampia rete di collaborazioni.
Questo è un aspetto molto importante del nostro lavoro poiché il ventaglio di competenze necessarie è veramente variegato: le più grosse società tedesche e statunitensi spesso contano un centinaio di dipendenti, noi arriviamo a otto. Il nostro mercato è più giovane e per raggiungere gli stessi risultati, costruiamo una fitta rete di freelance così che, attorno ad un progetto, si ricombinino abilità diverse per rispondere a scenari molto complessi.
Proprio in concomitanza dell’inaugurazione di Bergamo Brescia è tornato in attività il Museo del Risorgimento, con un allestimento moderno e multimediale, curato proprio da Limiteazero, a celebrare l’anno dedicato alla cultura. Questo si allontana dalla normale concezione di museo storico per abbracciare invece una serie di novità che vengono proposte per la prima volta all’interno di un’esposizione dedicata al Risorgimento.
Attraverso quali step avete lavorato a questo allestimento e quali novità sono presenti in questo museo?
Il museo del Risorgimento di Brescia è un buon esempio dell’approccio trasversale di cui abbiamo parlato. Per questo progetto siamo partiti dall’identità della realtà e dalla grafica, sviluppando insieme alla Fondazione un concept di museo che includesse gli allestimenti e tutti gli aspetti multimediali. Si tratta di un progetto che abbiamo veramente disegnato in tutte le sue componenti lavorando di concerto con Fondazione, con gli storici, i curatori, il Direttore e tutti i soggetti coinvolti, per tradurre i concetti nel modo più efficace.
L’aspetto veramente interessante di questo progetto, dal mio punto di vista, è che stratifica diversi paradigmi di museo: ci sono reperti, è presente una notevole raccolta di opere pittoriche risorgimentali, una piccola pinacoteca, ma è anche interattivo con tre installazioni, oltre ad essere orientato alla narrazione visto che alcune testimonianze documentali sono state interpretate da attori professionisti. Si tratta di una sovrapposizione di linguaggi e metodi!
Da dove viene questa commistione di linguaggi?
L’obiettivo era creare un museo che avesse un altro tipo di passo, che potesse interessare ed appassionare persone giovani o che magari non si erano mai approcciate a questo tipo di esperienza. Proprio per questo motivo, sono stati utilizzate tecniche di data visualisation come le infografiche, anomale per un museo storico, o introdotti strumenti provenienti da contesti differenti.
Questa volontà di svecchiare e di togliere un po’ di polvere al giudizio e al pregiudizio che si aveva per i musei progettati decenni fa è stata la spinta propulsiva che ci ha mosso e ci ha permesso di lavorare in un contesto libero.
Un museo così invecchierà?
Invecchierà e poi si rifarà. Il punto non è l’innovazione, ma i linguaggi: alcune cose potranno invecchiare, però la struttura e il concetto possono reggere benissimo il tempo. Magari si sostituirà un monitor, si aggiornerà un software o si rifarà un’animazione, ma l’impianto si potrà tenere.
Il Museo nasce nel solco di Bergamo Brescia 2023. Cosa vuol dire organizzarsi, lavorare e studiare un museo pensato in occasione di un evento così importante a livello nazionale?
Sicuramente è uno stimolo in più perché sai di essere sotto i riflettori per un anno intero.
Lavorare alla progettazione di un nuovo museo o di una mostra, però, è sempre un’esperienza coinvolgente perché ad un certo punto le persone entreranno ed esprimeranno un giudizio. Potrà piacere o non piacere, bisogna considerare il pubblico di tutte le età, ampi strati di popolazione, con competenze, cultura, età, sensibilità diverse e quindi è sempre emozionante. In questo caso poi ci sono anche i riflettori di un evento nazionale e si sente, però il giorno dell’inaugurazione, quando vedi entrare il pubblico, c’è sempre un po’ di pressione!
Com’è per un professionista decidere di fare qualcosa in più: insegnare ai ragazzi. Cosa ti ha spinto a voler trasmettere qualcosa agli studenti?
Ho cominciato ad insegnare proprio in Accademia SantaGiulia molti anni fa e mi sono evoluto all’interno dell’Accademia stessa. Il senso è proprio questo: i docenti professionisti servono per portare un punto di vista sul lavoro ai ragazzi, sempre in divenire, perché, soprattutto in questo ambito, il lavoro cambia ad una velocità incredibile. Dal punto di vista multimediale, cambiano le tecnologie, i linguaggi, i contesti dove questi vengono utilizzati. L’esperienza conta, così come conta la capacità di sentire cosa si sta muovendo di interessante in ambito professionale.
L’aspetto più importante, soprattutto in una scuola come questa che ha un legame stretto con l’uso creativo delle tecnologie, è far sì che i ragazzi non si innamorino di un determinato espediente tecnico, software o tecnologia: i tool cambiano, i medium si sovrappongono, i metodi evolvono.
C’è qualche stimolo o input che invece gli studenti ti danno? Qualcosa che i ragazzi ti “insegnano”?
Beh, ogni anno si impara qualcosa. C’era un periodo in cui facevo fare l’analisi di un’app, un processo di reverse design partendo dal prodotto finale e immaginando il progetto originale. Ogni anno con questo tipo di attività scoprivo dei mondi nuovi: l’utilizzo che i ragazzi fanno di app e mobile è più intensivo di quello che faccio io o le persone della mia generazione. Può capitare anche di vedere linguaggi nuovi, scoprire qualche designer o artista che non conoscevi. Se si tengono la mente aperta e le antenne sempre dritte, qualcosa si cattura sempre!
Un consiglio che vorresti dare ai tuoi studenti?
Consiglierei loro sicuramente di avere una visione che sia il più ampia possibile per vedere il maggior numero di cose, ma dall’altra parte di concentrarsi ed essere verticali almeno su un tema, un aspetto, possibilmente faticoso e su cui le altre persone non abbiano la pazienza di focalizzarsi. Questo è il mio consiglio: uno sguardo d’insieme che sia il più ampio possibile e una sola competenza che sia molto, molto specialistica!
Ufficio Comunicazione & Ufficio Orientamento
Accademia SantaGiulia
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