Stefano Mazzanti e la luce: linguaggio per tradurre emozioni

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

Bruno Thethe - Unsplash

La luce dal punto di vista scientifico altro non è che una radiazione elettromagnetica, percepibile dall’occhio umano; nella nostra vita, però, assume una connotazione emozionale, amplificando e intensificando alcune sensazioni. La luce in quanto tale influenza enormemente la nostra percezione e, proprio per questo motivo, è strettamente connessa al modo di rendere realtà la creatività umana.

Stefano Mazzanti

Abbiamo cercato di scoprire tutti i retroscena della luce e di come questa diventi arte attraverso installazioni e design, grazie alla voce autorevole di Stefano Mazzanti, light designer e artista, impegnato in innumerevoli progetti per Bergamo Brescia 2023, ma anche docente di Illuminotecnica nei corsi di Scenografia di Accademia SantaGiulia. Grande esperto di luci – in tutte le sue diverse applicazioni – è un creativo che da molti anni si dedica alla formazione sfruttando il suo background e proponendo una metodologia didattica nella quale la tecnica si fonde perfettamente con l’arte. 

Incontriamo Stefano Mazzanti in Accademia SantaGiulia e, tra un impegno e l’altro, si ritaglia del tempo per ripercorrere insieme a noi tanti momenti del suo passato e molte tappe della sua vita, personale e professionale, rivivendo qualche incontro fatto in aula e immaginando le prospettive future che si pongono di fronte ai ragazzi. 

Stefano Mazzanti, dove nasce la tua passione per la luce? Come si è sviluppato il tuo percorso professionale?  

Fin da ragazzo mi occupavo di musica, poi, grazie a diversi incontri, sono passato a fare teatro, prima come musicista, poi come attore e come tecnico, in una compagnia dove tutti facevano tutto, il Teatro dell’Acqua, fondato dai fratelli Cesare e Daniele Lievi, professionisti di alto livello, sul Lago di Garda, dove vivevo. Nel frattempo studiavo al DAMS di Bologna. 

Questi elementi mi hanno permesso di crescere, anche professionalmente. In teatro, infatti, è nata la mia passione per la luce; così ho deciso di dare quell’impronta anche alla conclusione della mia carriera universitaria: ho inserito alcuni esami specifici sull’arte e sulla scenografia e ho elaborato una tesi di laurea dal titolo “Il linguaggio della luce”, proprio per andare ad indagare alcuni aspetti del tema, applicati soprattutto al mondo dello spettacolo. 

Nello stesso periodo, ho iniziato a seguire come assistente Gigi Saccomandi, uno dei lighting designer più importanti d’Italia, precursore di una generazione di professionisti della luce. Ho lavorato con lui per un paio di anni, seguendolo in produzioni nazionali, ed esplorando, oltre agli aspetti tecnici, anche quelli artistici e creativi dell’uso della luce in teatro. 

Palco e luci - Jorik Kleen - Unsplash
Palco e luci – Jorik Kleen – Unsplash

Il momento decisivo per me è stato quando ho deciso di mollare tutto per partire in tournée, sia come tecnico che come attore, con uno spettacolo di Lievi.

Così sono diventato un professionista, grazie proprio all’evoluzione di questo lungo percorso: le esperienze e gli incontri che ho fatto mi hanno dato la possibilità di entrare in contatto con molte realtà con cui ho iniziato fin da subito a collaborare.

Un’intensa occupazione al fianco di molti enti e istituzioni, bresciane e non solo, che giunge fino all’occasione speciale di Bergamo Brescia 2023 che vede Stefano Mazzanti impegnato su molteplici fronti, dentro e fuori dall’Accademia SantaGiulia. 

A livello emotivo, cosa significa essere parte della grande macchina di Bergamo Brescia 2023?

Fa piacere che la tua città, dove vivi o lavori, sia considerata Capitale della Cultura. Brescia sta sentendo la possibilità di ritornare a far progetti dopo il lungo periodo pandemico che ci ha tenuti fermi. Mi fa piacere che abbiano considerato anche questo aspetto nell’attribuzione del titolo di Capitale: Bergamo e Brescia sono due città che hanno sofferto moltissimo, anche a livello artistico e culturale, e la scelta fatta è un segnale importante.

Il tempo di un respiro
Il tempo di un respiro

Per citarne solo alcuni, Stefano è al lavoro insieme a molte realtà che hanno deciso di prendere parte all’iniziativa BGBS2023 con progetti originali o già attivi sul territorio.

In particolare, sarà coinvolto nel light design di quattro location per il Festival X Giornate – Speciale Capitale, in scena dal 14 al 23 settembre e sta lavorando con A2A ad un’opera dedicata alle Fonti di Mompiano. Dream – il sogno un’installazione luminosa visitabile dal 30 settembre all’ 8 ottobre, realizzata da Idraziende con la regia di Daniele Milani, le musiche di Mauro Montalbetti e la voce recitante di Debora Zuin. 

Tra il 23 settembre e il primo ottobre, inoltre, sarà attiva, presso la Pieve di Urago Mella, l’installazione artistica Il tempo di un respiro di Sara Poli e Laura Mantovi. L’installazione site-specific si affida al potere evocativo di molteplici linguaggi, stimolando diversi sensi, per un progetto a tema ambientale. Grazie alla musica, le parole, le luci e lo spazio, il pubblico sarà chiamato a riflettere sul tema degli alberi e del verde, sul ruolo che questi ricoprono all’interno delle nostre vite e sui rischi connessi allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali. 

Il tempo di un respiro
Il tempo di un respiro

In relazione a Il tempo di un respiro, ci puoi anticipare qualcosa? 

La luce avrà un ruolo importantissimo perché le artiste lavorano con una concezione dell’arte molto teatrale. Hanno coinvolto attori e musicisti professionisti in una registrazione di circa 25 minuti basata su un’intensa ricerca, un puzzle di testi dedicato al tema degli alberi, dove aspetti scientifici e poetici si incontrano. 

Gli unici elementi fisici presenti saranno tre grandi alberi, collocati al centro, ma affiancati da un attento gioco di luci che permetterà al pubblico di ritrovarsi immerso completamente nell’atmosfera, modificandone la percezione dello spazio circostante

È un progetto spiccatamente emozionale: dal punto di vista sonoro le artiste hanno costruito qualcosa che sembra di vedere e questo viene tradotto nello spazio proprio attraverso la luce. 

Il tempo di un respiro
Il tempo di un respiro

Nella tua vita hai deciso non solo di essere un professionista, ma anche di insegnare in un’Accademia di Belle Arti. Cosa porti della tua professionalità ai tuoi studenti?

Ci sono due aspetti essenziali nelle mie lezioni: le conoscenze tecniche e l’esperienza

In aula, nei primi incontri, infatti, parlo di fisica:, cos’è la luce, come si comporta, cos’è il colore, per poi passare  alle attrezzature. Parallelamente, però, ci metto molto di quello che è la realtà: proviamo a fare un mini-allestimento così che gli studenti vedano concretizzarsi ciò di cui abbiamo parlato, poi  mostro loro cogliendo l’occasione per raccontare loro aneddoti sugli incontri professionali importanti della mia vita o analizzare le criticità del lavoro sul campo e come risolverle, come approcciarsi alla professione e come relazionarsi con le diverse figure che incontreranno. 

L’obiettivo del mio corso è insegnare agli studenti  a raccontare una storia attraverso la luce: parlo spesso di drammaturgia e mostrare loro delle opere concrete permette di capire meglio i concetti che voglio trasmettere. 

Che rapporto hai come professionista con l’insegnamento? 

Indubbiamente mi offre moltissimi stimoli! 
Dopo la tesi di laurea ho pubblicato un libro e all’epoca non c’era nulla in italiano sul tema della luce nello spettacolo. Così hanno iniziato subito a contattarmi per chiedermi di insegnare. All’inizio ero in difficoltà perché non avevo ancora un’esperienza concreta o dei concetti da trasmettere agli studenti. È stato un pungolo perché insegnare ti costringe ad organizzare la tua materia, razionalizzarla: quello che fai sul campo ad un certo punto deve essere sistematizzato per poterlo raccontare a qualcun altro. 

La materia poi è sempre in evoluzione: temi, tecnologie e applicazioni, necessitano di essere conosciute al meglio per offrire prospettive reali ai ragazzi e per mostrare loro la versatilità di ciò che si insegna. Teatro, cinema, live, sfilate, vetrine, eventi aziendali, fotografia, video, stand fieristici, convention aziendali, opera lirica, teatro, installazioni e arte, luoghi espositivi: ogni applicazione ha regole e caratteristiche diverse e la didattica ha il compito di stimolare gli studenti mostrando loro i diversi campi di applicazione e incontrando le loro aspettative didattiche, personali e professionali. 

Installazione luminosa - Marius Masalar - Unsplash
Installazione luminosa – Marius Masalar – Unsplash

Sei molto disponibile con i tuoi studenti e offri la possibilità di essere seguito anche una volta concluso il percorso accademico. Che rapporto instauri con i tuoi studenti? 

Credo in tutto il loro percorso! L’età poi mi porta anche a far sì che adesso, se trovo dei ragazzi seri, curiosi e interessati, mi viene istintivo aiutarli. Ci sono molti studenti ed ex studenti che mi contattano per chiedermi consigli sul futuro, dritte tecniche oppure che sono interessati a vedere gli spettacoli che ho seguito. L’età ha cambiato la mia percezione e idea dell’insegnamento. All’inizio mi occupavo di insegnamento anche per conoscere persone nel settore, enti e realtà mentre ora è diverso: gli studenti mi spingono ad avere costante interesse per la materia, a capire come passare dei concetti e ad introdurre dei temi, a confrontarmi con il loro approccio e le loro modalità e soprattutto mi danno entusiasmo.

Rispetto alla tua esperienza, che consiglio dai ai tuoi studenti?

Insisto sempre sulla necessità di essere curiosi e interessati!

Andare, vedere tutto, senza muri, non ci sono barriere da nessuna parte, quindi bisogna approfondire, ricercare, rischiare!

Ufficio Comunicazione & Ufficio Orientamento
Accademia SantaGiulia


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