‘Le forme dell’aria’ ispirate dall’installazione di Karwath+Todisko

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

In un laboratorio didattico condotto di fronte ad un’opera d’arte, è indispensabile poter esporre i partecipanti a situazioni in cui sia possibile, almeno in parte, ritrovare le suggestioni che hanno dato vita all’opera considerata.

Non si tratta di imitare l’opera di un artista ma di ricostruire, attraverso un percorso adeguatamente esemplificativo e coerente, alcuni passaggi che sono stati alla base della produzione da parte dell’artista.
Grazie a modalità di lavoro motivanti e coinvolgenti, i partecipanti, soprattutto se bambini, devono sentirsi invitati e “autorizzati” a sperimentare – liberamente o guidati, ma sempre in prima persona – la manipolazione fisica dei materiali messi a disposizione. L’invito a sperimentare la produzione di qualcosa in grado di richiamare alcuni aspetti dell’opera considerata è fondamentale per fare “esperienza dell’arte” e provare ad esprimere una sensazione, un’emozione o una personale riflessione riferita all’opera d’arte considerata o a quanto essa suggerisce ed evoca.

Il laboratorio “Le forme dell’aria”

Nel laboratorio “Le forme dell’aria” – svolto con 48 bambini di 5 anni della Scuola dell’infanzia “Garibaldi” di Molinetto di Mazzano presso lo spazio dell’Associazione C.AR.M.E. e ispirato all’installazione Slight#2 di Karwath+Todisko – dopo un’attenta osservazione dell’opera, si è proceduto ad osservare gli effetti e le forme ottenute con due lunghi teli colorati agitati con le mani o mossi dall’aria dei ventilatori.

I bambini hanno poi ritagliato da un grande telo di plastica leggera e sottile come quella dell’installazione, un piccolo pezzo da far sventolare grazie a uno dei ventilatori disponibili. Tutti i pezzi sono infine stati appesi lungo un telo scuro appositamente predisposto, in modo che l’aria dei ventilatori li potesse muovere e dar vita a forme imprevedibili.

L’incontro con l’artista Inna Wöllert

Giovedì 5 aprile, gli studenti del III anno della Scuola di Didattica dell’Arte per i Musei dell’Hdemia SantaGiulia che hanno condotto il laboratorio “Le forme dell’aria” hanno incontrato l’autrice di Slight#2 e, grazie anche alla documentazione visiva messa a disposizione dall’artista, si sono confrontati sulla sua ricerca artistica e sul metodo di lavoro. L’artista ha raccontato come è nata l’idea di Slight, vale a dire la visione da una finestra della sua camera un sacchetto bianco impigliato nei rami di un albero e mosso dal vento.

Tutto è iniziato con l’opera TAPE CURTAIN INVERS che consiste in un cellophane messo a mo’ di tenda davanti a strisce di lamina nera, il tutto retroilluminato da fari rotanti. L’opera non si gonfiava e sgonfiava per via del passaggio di aria, del tutto casuale, a seconda di quale porta veniva aperta e quale chiusa. Questa opera è stata ispirata dalla visione, dall’interno di una stanza con le tapparelle abbassate, del passaggio di auto (fasci di luce che vanno e vengono). Il sonoro inizialmente era stato pensato solo per quest’opera ma essendo allestita insieme a Slight nella stessa stanza, funzionava con entrambe. Il sonoro è costituito da vocalizzi realizzati da sua figlia miscelati con altri suoni.

La prima esposizione di Slight è avvenuta alla mostra SLIGHT SHOW alla Kunsthalle am Hamburger Platz a Berlino nel 2016, allestita nella stessa stanza con Tape Curtain Invers. Slight è nata in una stanza alta poco più di 3 metri quindi, dato che l’artista cerca sempre di lavorare in stretta connessione con lo spazio in cui si trova, l’opera era composta da 5 teli di cellophane attaccati al soffitto con lo scotch nero, mentre i ventilatori erano dei ventilatori molto semplici, come quelli usati per il laboratorio con i bambini presso lo spazio C.AR.M.E.

Ma l’allestimento di Sligth nello spazio C.AR.M.E. ovviamente è stato diverso perchè le ha permesso di lavorare con un’altezza molto importante ed è rimasta molto soddisfatta del risultato, tanto da dire che Slight#2, composto da 2 cellophane di 11 m di altezza e da due ventilatori neri molto potenti, è esattamente quello che lei immaginava quando le era venuta l’idea dell’opera la prima volta. La scelta di un materiale molto leggero e trasparente le ha permesso di lavorare proprio con qualcosa di immateriale e casuale come l’aria.

L’incontro, che ha suscitato molto interesse da parte degli studenti, ha chiuso questa particolare esperienza di progettazione e gestione di un laboratorio di didattica dell’arte all’interno del corso di Pedagogia e didattica dell’arte III, tenuto dal Professore Angelo Vigo.

I piccoli sperimentatori durante il laboratorio didattico | PH: Francesca Colombi

Un vivo ringraziamento per la preziosa collaborazione va a Federica Scolari, Valeria Magnoli, per l’Associazione C.AR.M.E. (e ex studentesse della nostra Accademia), Giulia Montini, studentessa di Hdemia SantaGiulia, e Elisa Rizzi, Coordinatrice responsabile della Scuola dell’infanzia “Garibaldi” di Molinetto di Mazzano.

Angelo Vigo
Docente della Scuola di Didattica dell’Arte dell’Hdemia SantaGiulia


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