La musica come forma d’arte senza confini: Sandro Torriani per il sessantesimo Festival Pianistico Internazionale
Come può una rassegna di musica classica che da sessant’anni coinvolge Bergamo e Brescia essere sempre giovane e al passo con i tempi? Qual è il significato di rimettere la cultura al centro dell’attenzione dopo due anni che l’hanno costretta in secondo piano e che hanno messo in difficoltà artisti e lavoratori dello spettacolo?
Sandro Torriani fuori-classe è maestro, direttore d’orchestra, musicista e direttore artistico di festival e iniziative musicali. Dentro le nostre aule, invece, è docente di Storia della Musica Contemporanea e di Storia della Musica e del Teatro Musicale del corso di Scenografia. Diplomato al Conservatorio e con una carriera da musicista pop e jazz alle spalle, è il primo italiano a conseguire il Licentiate of the Royal Schools of Music in Music Direction-Conducting dall’Associated Board of the Royal Schools of Music di Londra.
Incontriamo il Maestro Sandro Torriani al termine di una lezione in Accademia SantaGiulia. Ci racconta dei mille impegni, delle tante cose che sta chiudendo e dell’entusiasmo che comporta l’essere ormai alle porte di un evento così importante, un progetto a cui collabora da pochi anni, ma che gli ha dato tante soddisfazioni personali e professionali.
Sandro Torriani, raccontaci qualcosa di te, del tuo background, di come sei arrivato fino qui!
In realtà la mia vita si riassume tutta in una sola parola: musica. L’ho incontrata a 12 anni ed è stato un fulmine a ciel sereno. Ricordo il momento esatto in cui sono passato accanto alla banda del paese che stava suonando: sono rimasto folgorato e da quel giorno ho capito che la musica avrebbe fatto parte della mia vita. Ho chiari in mente, proprio come fosse ieri, il colore rosso delle pareti di tessuto e l’odore intenso dello scantinato in cui facevamo le prove della banda mischiato al profumo della carta delle partiture.
Da lì sono entrato in Conservatorio, ho studiato sassofono e mi sono spostato a Milano per studiare jazz. Ho fatto il mio percorso, sono entrato nel mondo del pop, così sono arrivati discografia, live, teatro e nel frattempo ho continuato a suonare musica classica, sia in orchestra che in gruppi da camera.
Ad un certo punto, mi è stato chiesto di insegnare musica d’insieme in una delle scuole dove lavoravo e quindi, curioso come sono sempre stato, mi sono buttato! Sono finito a studiare direzione, mi sono laureato in direzione d’orchestra e questo mi ha completamente cambiato la vita. Se trent’anni fa mi avessero detto che oggi sarei stato direttore di produzione di uno dei più importanti festival di pianoforte al mondo non ci avrei creduto. E pensare che da sassofonista era un incubo per me studiare i pianisti quando ero in conservatorio!
Sapevi già cosa avresti voluto fare da grande?
Non mi sono mai dato limiti, non mi sono mai detto “faccio questo”. Ho sempre e solo detto di voler vivere nel mondo della musica, del teatro, in palcoscenico, sul palcoscenico oppure dietro al palcoscenico, non era importante.
Crescendo poi, ho suonato sempre meno, diretto sempre di più e mi sono occupato di cose diverse. Sono ormai una quindicina d’anni che lavoro esclusivamente su progetti originali che mi costruisco io o che mi commissionano, occupandomi di produzione o di direzione artistica.
Qual è il tuo rapporto con il territorio e con il tessuto sociale, soprattutto bresciano?
Ho sempre mantenuto una salda radice con il territorio: se non avessi incontrato la banda, il mio destino sarebbe stato diverso. Lavoro in due scuole della provincia di Brescia, dove ho una trentina di insegnanti che collaborano con me e dove cerco di far conoscere la musica ai ragazzini così che possano fare delle scelte consapevoli per il proprio futuro. Credo sia fondamentale sostenere queste piccole realtà perché sono la base della musica e, proprio grazie a tante piccole realtà extrascolastiche che si avvalgono di grandi professionisti, è possibile che i giovani vengano catturati e rapiti dalla musica, come è successo a me.
Bergamo e Brescia sono sempre state le due città simbolo del Festival Pianistico Internazionale che diviene ancora più speciale nell’anno della Capitale Italiana della Cultura. La rassegna con cui collabora il maestro Sandro Torriani, giunta alla sua sessantesima edizione, si aprirà sabato 22 aprile, con la Filarmonica della Scala, al Teatro Grande di Brescia e proseguirà fino a giugno, con un fitto calendario di appuntamenti con musicisti nazionali ed internazionali.
Qual è il valore di un’occasione artistica in un anno così speciale per Brescia e Bergamo?
Bergamo e Brescia sono sempre state due realtà molto attive dal punto di vista artistico: questa occasione è per tutti noi un momento di grande riscatto che, benché sia arrivato come risposta ai brutti momenti vissuti, ci ha riportato entusiasmo, voglia di fare e di dare, creatività e unità.
Dopo il periodo drammatico del Covid, questo momento permetterà a tanti artisti e lavoratori dello spettacolo di tornare a fare: la cultura tornerà ad avere visibilità e importanza sul territorio.
Il Festival Internazionale è la realtà che da 60 anni fa ponte tra le due città, quindi è sicuramente speciale: l’anno della Cultura permette di sentirsi di nuovo al centro di un mondo che spesso non si focalizza più sulla cultura.
E cosa significa per te, Sandro Torriani, avere la possibilità di lavorare direttamente su alcuni eventi del palinsesto di BGBS2023?
Non vedo l’ora di portare in scena alcuni progetti che sono importanti per me, per chi ci sta lavorando e per chi li sta affrontando con grande passione.
Ero coinvolto direttamente nel tavolo di produzione dell’inaugurazione dell’anno della Cultura e ho seguito gli aspetti tecnici del concerto di apertura. Dirigere l’Inno Nazionale con 200 musicisti e 6.000 persone davanti mentre senti la piazza che si zittisce è da pelle d’oca e quando la gente inizia a cantare ti trema il cuore.
In merito al Festival Pianistico sono molto curioso di scoprire cosa succederà quel 22 aprile. O meglio, so esattamente cosa succederà, ma non vedo l’ora di vedere come la gente reagirà ad un evento così importante!
Hai deciso anche di insegnare e di condividere la tua passione con tanti studenti. Cosa porti della tua professionalità all’interno delle aule di Accademia SantaGiulia?
Sono particolarmente legato all’insegnamento. Ho avuto la fortuna di incontrare sul mio percorso degli insegnanti, pochi e straordinari, che sono stati in grado di motivarmi e questo mi ha condotto fino a qui.
Non ho preso la decisione di collaborare con Accademia SantaGiulia a cuor leggero perché trovo sia una grande responsabilità insegnare e cercare di far comprendere la storia della musica ai ragazzi. L’aspetto positivo è che gli studenti che incontro già sono coinvolti dall’arte, arrivano con entusiasmo, sono curiosi e io mi sento rinato. Cerco di portare in aula la mia esperienza personale in termini di emozione nei confronti della materia musicale, cioè il fatto di avere eseguito la musica che vado a raccontare, voglio raccontare loro le sensazioni che provo stando sul palco o in orchestra e come queste si relazionino con la partitura.
Cosa invece ricevi dagli studenti ogni giorno in classe?
La possibilità di mettermi in discussione sempre, la continua richiesta silenziosa degli studenti di essere stupiti!
Mi chiedo sempre cosa posso dare a loro? Sicuramente tanto entusiasmo perché io sono così e cerco di trasmetterlo sempre. La mia esperienza personale può contare, può non contare, non lo so, ma di sicuro nel racconto complessivo assume un valore.
Cambiano le persone che ti trovi di fronte, le generazioni, quello che devi sapere è che le loro orecchie le devi portare sul tuo terreno. Provengono tutti da percorsi formativi diversi, background, gusti e passioni differenti. Come fai ad accomunarli tutti? Attraverso la conversione del segno della nota musicale in quello che è l’emozione, in quello che fa la musica, cioè smuovere le coscienze e lasciare delle emozioni forti.
Cosa ti porti nel tuo mondo di quello che ti danno i ragazzi in classe?
Beh, loro sono i miei ascoltatori e quindi, come quando salgo su un palcoscenico, ogni volta mi devo rinnovare, e imparo a non dare mai per scontato che il pubblico sia sempre lo stesso. Sicuramente cerco di prendere la loro freschezza, che gli invidio in maniera pazzesca, e il fatto di avere queste orecchie libere. Mi piace confrontarmi con loro perché sono gli ascoltatori del futuro: il pubblico cambia giorno dopo giorno e l’esecuzione musicale deve cambiare assieme a lui!
Sandro Torriani, che consiglio dai ai tuoi studenti?
La curiosità è la cosa più importante. Dico sempre loro “siate curiosi nella vita, non smettete mai di essere curiosi, a qualunque età” e questo voglio che rimanga loro delle mie lezioni e del confronto con me in aula!
Ufficio Comunicazione & Ufficio Orientamento
Accademia SantaGiulia
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