L’inopinabile leggerezza del marmo
Elisa Pezzotti si forma all’Hdemia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia concludendo il Bienno specialistico in Scultura Pubblica Monumentale nel 2015.
Dopo il suo Diploma Accademico si approccia ad un tirocinio extra-curricolare promosso e finanziato dal progetto “Una Scuola un Lavoro – Percorsi di Eccellenza” indetto dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte (Milano) dal 18 Gennaio al 16 Luglio, da svolgersi presso DIMENSIONE MARMO di Pietro Ricci, Maestro d’Arte e Docente presso l’Hdemia SantaGiulia, a Calcio, in provincia di Bergamo.
Elisa, in questi anni, lavorando con i materiali lapidei, ne ha saputo domare la materia aumentando la sua attitudine alla lavorazione del marmo che rende unici ed irripetibili gli oggetti da Lei realizzati.
Le sue mani sono diventate sempre di più sapienti, facendo così diventare la scultura, preziosa, delicata, traducendola sotto forma di oggetti eleganti che sfuggono alla logica del coordinato dove ciascun elemento può dialogare con tutto il resto, diventando scultura preziosa.
Abbiamo posto alcune domande a Elisa e ci siamo fatti raccontare il suo percorso e la sua esperienza.
Cosa significa al giorno d’oggi essere artista-scultrice?
Non penso che sia così diverso il mio essere scultore oggi rispetto al passato.
Lavoro, progetto, creo un qualcosa seguendo i miei pensieri guidati dal mio sentire e dalla mia sensibilità.
La Scultura è il mio linguaggio, secondo me è indispensabile che ogni essere si esprima ed esprima se stesso.
È un bisogno ed una necessità esternare il proprio essere e anche se non è una cosa essenziale che qualcuno colga o fruisca il linguaggio della Scultura… esso è aperto e disponibile per tutti.
Ritengo che sia ieri come oggi l’Arte sia la testimone dei tempi.
La scultura nelle tue opere sembra quasi essere una vocazione, quando hai capito che l’avresti seguita?
Fin dalle superiori ero affascinata da questa disciplina, infatti anche se inizialmente in Accademia mi sono iscritta al corso di Pittura, appena ho riassaporato il sapore della Scultura ho cambiato indirizzo… Ma la consapevolezza è arrivata durante il Biennio Specialistico di Scultura Pubblica Monumentale all’Hdemia SantaGiulia, nel quale ho capito che non avrei più potuto fare a meno di scolpire.
Sento che scolpire e creare nuove sculture come una cosa naturale di me stessa. Certo non è sempre semplice, incontro spesso delle difficolta e dei problemi; questi mi sfiniscono mentalmente e mi devastano psicologicamente, ma il bisogno e la voglia irrefrenabile di manipolare la materia mi spingono sempre ad affrontarli e a risolverli nel modo migliore possibile.
Devo dire che scolpire è una parte molto importante della mia vita, anzi penso che scolpire sia la parte migliore di me.
Sappiamo che chiedere a un artista quale delle sue opere è la preferita è come chiedere ad una madre quale figlio predilige, quindi modifichiamo un po’ la domanda… A quale opera sei più affezionata e perché?
Vi do pienamente ragione, non posso e non cerco tra le mie sculture una preferita. Certo, ognuna mi stimola in maniera diversa e tra noi si crea un legame unico.
Non posso dire di essere affezionata a una sola opera, sono tutte mie creature, e durante la loro creazione si instaura un’intimità unica e personale, che genera emozioni e sensazioni irripetibili.
Si, è proprio come chiedere a una madre a quale figlio è più affezionata, non potrà mai rispondere.
Come nascono le tue opere?
Quando inizio un nuovo lavoro la prima cosa che faccio è scegliere un blocco di marmo. Non sempre è così chiaro quello che voglio ottenere, perciò mi prendo tempo per osservare e toccare i blocchi informi. Li studio uno ad uno fino a quando la mia attenzione non viene catturata da quello giusto, che inconsciamente mi ha già suggerito quello che devo fare, e mi lascia vedere attraverso di lui la Forma.
Tutto comincia con un dialogo silenzioso tra me e la materia. È lei che mi suggerisce la forma e mi dice che segni usare e dove.
Non sempre sono pienamente cosciente del mio lavoro, anzi diciamo che le mie sculture per lo più nascono grazie al mio inconscio. Il mio lavoro è impulsivo. Non sempre so che cosa guida la mia mano, ma ho fiducia. Sento in me la presenza di una volontà trainante, perciò mi lascio guidare dal mio essere, dal mio pensiero, dalla mia anima.
A poco a poco libero la forma: la faccio respirare, la riporto al mondo, la risveglio dal suo letargo.
Vi è diversità fra la nascita di un’opera monumentale e le opere più di “design-utile” che hai realizzato durante il tirocinio? Ti approcci in maniera differente alla loro realizzazione?
Si, sono assolutamente due cose diverse, le uniche cose che hanno in comune sono: la tecnica che utilizzo in modo personale in base a ciò che ho davanti, e la mia passione, quando lavoro non importa se davanti ho una scultura o un opera di design, ci metto sempre tutta me stessa.
Tutto il resto è diverso: dalla progettazione, al pensiero, al mio stato d’animo.
Da una parte abbiamo il mio linguaggio che uso per esprimermi, dove il tutto è controllato da un equilibrio estetico e dall’altra manufatti realizzati appositamente per avere un utilizzo e una funzione, sia anche estetica, ma che non hanno l’obbligo di esprimere me stessa, ma solo quello di piacere e funzionare.
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