Quanto è importante l’attivismo online oggi?

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

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La piazza dell’attivismo e del far valere le opinioni sposta il proprio baricentro sempre più dalle persone con le proprie idee pronte al confronto e alla discussione, ad una mera opinione postata su un social network.

È veramente utile questa nuova forma di sharing online?

Al giorno d’oggi l’utilizzo di Internet, soprattutto da parte di giovani e adolescenti, è superfluo: non viene più utilizzato per ricerca di nuove fonti di informazione allo scopo di accrescere la propria cultura personale.

Potremmo addirittura dire che la relazione tra frequenza di utilizzo dei social media e le forme di impegno civile nelle proteste siano correlate.

attivismo s. m. [der. di attivo]. – 1. Tendenza a intensificare il lato attivo, creativo, innovativo della vita umana. Più specificamente, concezione etica, fondata sull’idea del supremo valore dell’esplicazione dell’attività vitale, della volontà di vita e di potenza, conglobante in sé ogni altro canone di moralità e di condotta.

fonte: Treccani
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La superficialità di utilizzo della rete porta ad una diffusa pigrizia degli utenti.

Un esempio è che, ormai, pochissime persone si ritrovano fisicamente per manifestare e anche solo per firmare una petizione si preferisce premere un’icona sul proprio smartphone o tablet, evitando l’interazione umana che si crea parlando con il portavoce di una qualunque associazione.

Si cerca di evitare sempre più la condivisione delle proprie idee face-to-face, alimentando così un timore generale verso il confronto.

La scelta che va per la maggiore, infatti, è quella di preferire interfacce virtuali e scrivere la propria opinione anche in forma anonima, seguendo la tendenza sociale.

L’attivismo online, perché questo è proprio ciò di cui stiamo parlando, ha tante sfaccettature: l’attivismo politico, l’attivismo per la parità dei sessi, l’attivismo vegan, …

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L’attivismo online, indipendentemente dall’ambito a cui ci si stia riferendo, ha i suoi pro e contro.

Un grandissimo svantaggio, è il tempo di diffusione e post-diffusione dei post sui social o di condivisione di pensieri sulla rete: quante volte, dopo un evento significativo, ci siamo imbattuti, scorrendo il nostro feed Instagram o Facebook, in diversi post riguardanti il medesimo avvenimento, corredati da hashtag diventati virali? Si diffondono in maniera rapida, questione di giorni o settimane, ma poi ce ne dimentichiamo, come se nulla fosse successo!

Tutto questo per dire che è vero che l’attivismo online può suscitare pensieri critici nelle masse e la conseguente condivisione di queste opinioni, ma è altrettanto vero che, spesso, ci facciamo influenzare da aspetti e tendenze che magari non avremmo mai valutato.

Questo lasciarsi trasportare dalla società porta ad una conseguente confusione a livello di pensiero.

Se si vuole ragionare sull’aspetto politico di questa forma di attivismo e condivisione in rete, uno dei tanti esempi, influenzato dalla velocità con cui lavorano i social media e Internet in generale, è quello dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, che vede il digitale come una modalità per trasmettere maggiori informazioni a sostegno alle cause che sta trattando.

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Funziona l’attivismo online?

Ci sono tanti termini negativi che, con gli anni, sono stati accostati a questo fenomeno, come ad esempio “slacktivism”, per sottolineare come sia un’attività praticata per “sentirsi in pace con la propria coscienza e verso la società”, oppure “clicktivism”, evidenziando la tendenza generale ad affermare se si è in accordo o disaccordo con un determinato evento.

Tutto scoraggia il voler dare la possibilità di sviluppo a nuove forme di dibattito, non capendo che un semplice “mi piace” non concretizza un passo verso un cambiamento, riconducendo tutto ad una sfera superficiale e togliendo l’occasione di mettersi in gioco.

L’uso dei social media da soli non rappresenta lo strumento di rivoluzione.

L’attivismo online non é sempre negativo e inconcludente se lo si affianca a un atteggiamento propositivo e ad una serie di azioni concrete e ce lo ha dimostrato più volte Irene Facheris, presidente dell’Associazione Bossy, nata del 2014, una comunità di divulgazione e proposte d’azione in merito a tematiche come gli stereotipi di genere, il sessismo, il femminismo e i diritti LGBT.

Irene, infatti, è un chiaro esempio di come attivismo online ed offline possono fondersi per diventare ancora più incisivi: utilizzando la piattaforma YouTube ha creato un format, chiamato “Parità in Pillole”, che condivide con il suo pubblico trattando temi delicati con la massima chiarezza e trasparenza.

Ogni informazione che veicola é frutto di un’attenta ricerca e analisi ed è volta a sensibilizzare gli utenti incitandoli a partecipare a iniziative online, così come a manifestazioni organizzate da lei o da altri.

L’utilizzo dei social, quindi, è un’arma a doppio taglio: può essere uno strumento utile e potente per dare visibilità a campagne, opinioni ed iniziative, come può essere pericoloso se non si è attenti ai contenuti che vengono postati in rete.

L’attivismo online, perciò, ha i suoi vantaggi come i suoi svantaggi e sta agli utenti capire come sfruttarli nella maniera più consona per far si che questo enorme movimento di informazioni non si perda dopo pochi giorni ma sia invece costruttivo.

Giorgia Spatti
II anno del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte


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