«Apri gli occhi e ascolta»

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

close up of sound waves on a computer screen

È quello che Maurizio Rinaldi chiede agli studenti di Multimedialità per i beni culturali

C’era un tempo in cui mostre, installazioni, musei, si visitavano in assoluto silenzio. Come se qualsiasi suono potesse inficiare la perfezione dell’esposizione. Spesso era il curatore a illuminare con pochi faretti quadri e sculture, e ad organizzare il percorso. Il minimal era la scelta affinché l’attenzione si concentrasse esclusivamente sulle opere.

Oggi non è più così e ogni cosa viene utilizzata per rendere mostre ed esposizioni veri e propri spettacoli.

Il light designer pensa alla luce, scenografi e curatori all’allestimento e i compositori alla musica.

modern art
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Per questo nel triennio di Didattica dell’arte per i Musei di Accademia SantaGiulia il professor Maurizio Rinaldi tiene, durante il secondo anno di studi, il corso “Multimedialità per i beni culturali”: l’obiettivo è indirizzare gli studenti ad un approccio creativo e strutturato al fenomeno sonoro fondato su conoscenze scientifiche, tecnologiche e artistiche. Gli studenti apprendono le basi teoriche legate al rapporto fra suono e immagine, ma hanno anche il compito di creare composizioni acusmatiche.

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Per spiegare meglio pensiamo al caso di Pierre Schaeffer, compositore, musicologo e teorico musicale francese che ha coniato il termine “oggetto sonoro” legandolo proprio all’ascolto acusmatico. Con la tecnologia il suono si è potuto separare dalla sua fonte: trasportato, manipolato, riprodotto come un oggetto indipendente e catturato su un supporto. Questa possibilità ha favorito lo sviluppo della sound art una pratica artistica ibrida, non istituzionalizzata, a cavallo tra sperimentazioni artistiche e produzione musicale, oggi soprattutto elettronica. In essa possono essere incluse tutte le produzioni nell’arte contemporanea che utilizzano il suono come componente essenziale: registrazioni ambientali, sculture sonore, installazioni site-specific e performance.

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Luigi Veronesi, pittore, fotografo, regista e scenografo italiano morto nel 1998, sosteneva che

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“Esaminando i fenomeni acustici e quelli cromatici, le metriche e le leggi che regolano entrambe le teorie armoniche troviamo coincidenze e affinità. I due fenomeni hanno entrambi origine da vibrazioni che si propagano nello spazio con movimento ondulatorio e la loro misurazione pur essendo espressa in modo diverso (…) ha la medesima base (…) il rapporto delle frequenze nello spettro è esattamente lo stesso delle frequenze musicali”.

Su queste premesse si basa il corso del professor Rinaldi

“Il corso – racconta il docente – si prefigge di fornire i concetti fondamentali e gli strumenti di base per ascoltare, pensare, progettare e creare il suono con particolare attenzione alla composizione di opere elettroacustiche volte alla sonorizzazione di spazi espositivi. Cerchiamo un approccio creativo al sonoro che sia fondato su conoscenze scientifiche, storiche e artistiche declinando il tutto in un laboratorio all’interno del quale gli studenti organizzano suoni creando opere sonore. Non parliamo di musica da mettere in sottofondo per accompagnare il percorso dei visitatori. È qualcosa di più profondo”.

sound map project
Il Prof. Rinaldi durante una performance live in Accademia (giugno 2015)

“Chiedo che scelgano un’opera visiva o uno spazio espositivo a cui sono legati affettivamente – spiega Rinaldi – e che realizzino una composizione sonora che amplifichi l’opera o lo spazio che hanno scelto. Devono creare una composizione sonora che possa esistere a prescindere, ma che sia calzante anche per accompagnare quell’opera o quel luogo. Gli studenti diventano veri e propri compositori. Anche se non sono musicisti sarà importante per loro avere anche questa capacità, da sfruttare poi nel mondo del lavoro. Per questo chiedo ai ragazzi di partire dalle proprie emozioni. Cosa vi trasmette l’opera che avete scelto? Quale sensazione volete far arrivare a chi ascolta? Cosa volete che si immaginino le persone che ascoltano? È un’operazione molto complicata, soprattutto per chi si rapporta alla musica per la prima volta in questo modo. Deve diventare una vera e propria forma d’espressione. È una modalità differente da un’installazione sonora che è di per sé un’opera d’arte. In quel caso la sceglie l’artista nel momento in cui crea. Il compito che consegno io agli studenti invece è complesso: devono tener conto del proprio gusto senza dimenticare però quello dell’artista. Far combaciare le due cose e ottenere un risultato di livello è molto difficile”.

Ascolta le composizioni realizzate dagli studenti del II anno del triennio di Didattica dell’Arte che hanno frequentato il corso durante l’A.A. 2019/20.

E come reagiscono i ragazzi alla difficoltà del lavoro richiesto?
“Devo dire che in questi anni ho sempre avuto il piacere di approcciarmi a studenti che, seppur lontani dal mondo della musica, si sono sempre dimostrati curiosi e entusiasti. Anche chi di loro non avrebbe mai pensato ad un’esperienza didattica di questo tipo, lavora con coerenza e qualità. È molto gratificante ascoltare a fine corso le loro composizioni”.

E per l’Accademia è altrettanto gratificante potere valorizzare esperienze didattiche di questo tipo che affrontano con metodo, ma anche con creatività le dinamiche visivo-acustiche nell’opera artistica.

Come dire “risposte facili a domande complesse!”.

Francesca Marmaglio,
Ufficio Comunicazione Accademia SantaGiulia


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