L’arte di esporre Bansky
Si è conclusa da poco più di un mese, la mostra inaugurata lo scorso 21 novembre dedicata a Bansky, uno dei maggiori esponenti della street art contemporanea, prodotta da 24 Ore Cultura, del Gruppo 24 Ore, ed ospitata dal MUDEC – Museo delle Culture di Milano.
“A visual protest. The art of Banksy” è stata un vero successo di pubblico.
Sono state esposte, suddivise per generi e temi, infatti, ben 80 opere, tra dipinti, sculture e stampe numerate, circa 60 copertine di vinili e CD da lui realizzate, oltre ad una quarantina di pezzi di memorabilia come fotografie e video che raccontano il lavoro di Bansky con uno sguardo retrospettivo.
L’allestimento dell’esposizione è stato curato da Gianni Mercurio, critico ed esperto di arte americana, il cui intento è stato quello di creare un percorso didascalico che riprendesse passo passo le fasi dell’artista, presentato non più come fenomeno mediatico, ma come “artista ormai provocatoriamente degno di stare nei salotti”. Il filo conduttore, perciò, non è cronologico, ma concettuale.
I lavori di Banksy sono, infatti, suddivisi secondo le tematiche affrontate nel corso della sua vita, quali la ribellione, la guerra e il consumismo, preceduti da una breve introduzione sul concetto di street art antecedente a lui che contestualizza la tipologia d’arte e ne spiega la provenienza, lo sviluppo e le finalità.
Il percorso espositivo
I suoi stencil in bianco e nero sono bellissimi, intelligenti e delicatamente sovversivi: poliziotti dai volti sorridenti, ratti che usano trapani, scimmie con armi di distruzione di massa, bimbe che cullano missili, un poliziotto che porta a passeggio un grosso e morbidissimo barboncino, Samuel Jackson e John Travolta in Pulp Fiction che fanno fuoco con due banane, una guardia reale che imbratta un muro con la scritta Anarchy, la Madonna che allatta Gesù con del veleno, militari che dipingono il simbolo della pace su un muro imbracciando le armi, teppisti che lanciano mazzi di fiori invece che oggetti contundenti.
Nel proprio operato, l’artista, utilizza i simboli della cultura di massa per compromettere le fondamenta, le sicurezze e i codici immutabili di questa stessa cultura.
Riprende immagini e icone spesso accostate ai concetti di autorità e potere, immediatamente riconoscibili da tutti, e, fra ironia pungente e rassegnazione disperata, li connota di un nuovo significato grazie a parallelismi particolari, dissonanti, distopici e dissacranti.
“La sua arte gioca con i messaggi della comunicazione main-strem. Esplicitandoli e svelandone la portata reale, li ridicolizza e li depotenzia: li spoglia. Più che sbalordire i borghesi, l’artista ne attira l’attenzione perché aprano gli occhi sulla realtà”.
“Siano le strade un trionfo dell’arte per tutti” è la citazione di Majakovskij che introduce il percorso e che esprime a pieno il pensiero di Banksy che contrappone la sua arte, quella di strada, alle manifestazioni del potere ufficiale, che sia esso lo Stato, la Chiesa, la Televisione o il Mercato dell’Arte.
“In linea con i principi di fruizione delle opere dell’artista, non sono presenti in mostra suoi lavori sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati”, tiene a precisare il curatore sul sito del museo. Si tratta quindi di opere di provenienza certificata.
Le contraddizioni, però, sia interne che esterne, sono state molte e le polemiche non sono mancate: la mostra, infatti, rappresenta l’apogeo del paradosso che gravita intorno a questa figura dall’identità ignota.
Era la prima volta in Italia che le opere di questo artista entravano in uno spazio espositivo pubblico. Finora avevano trovato spazio solo all’interno di gallerie d’arte e spazi privati.
Bansky, il mercato dell’arte e le istituzioni museali
L’artista, come ben noto, non ha mai risparmiato pesanti critiche nei confronti del mondo dell’arte, ma ha costantemente messo in evidenza l’importanza del destinatario, fruitore ultimo di una serie di messaggi.
Il 5 ottobre 2018, Bansky, ancora una volta, ha fatto scalpore, ma questa volta in un modo unico. Ha fatto autodistruggere la tela dell’opera Girl with Red Baloon (Ragazza con il palloncino rosso), tramite un sofisticato meccanismo situato all’interno della cornice e azionato a distanza, subito dopo che questa era stata battuta all’asta per 1,2 milioni di euro, con il risultato di far aumentare esponenzialmente la quotazione di un’opera ormai ridotta a brandelli.
Embed from Getty ImagesResta quindi centrale nel dibattito attorno al lavoro di Banksy il suo controverso rapporto con il mercato.
“Continuo a dipingere graffiti perché penso sinceramente che il bordo di un canale sia un posto più interessante per l’arte che un museo”.
– Bansky
“Il pubblico dovrebbe essere consapevole del fatto che c’è stata una recente ondata di mostre su Banksy, nessuna delle quali è consensuale. Sono state tutte organizzate senza che l’artista ne fosse a conoscenza o senza che fosse stato coinvolto. Vi preghiamo quindi di approcciarvi a queste mostre di conseguenza”, riporta una nota sul sito ufficiale dell’artista.
Come per la tutte le mostre a lui riferite, infatti, non è stata autorizzata da Bansky, che ha fatto causa agli organizzatori della mostra aprendo un dibattito sulla questione del copyright.
“La street art è arte che, quando finisce nei musei o nelle case d’aste, smette di essere di strada e dunque se stessa.
– Olga Masculo
Diventa, come in questo caso, storia, con ingresso intero a 14 euro”.
Grazie all’azione legale l’artista è riuscito a far ritirare dal commercio tutto il merchandising targato “Bansky”, in quanto marchio registrato e depositato ufficialmente, quindi giuridicamente tutelato.
È stata invece respinta la proibizione dell’uso del nome dell’artista per pubblicizzare la mostra, così come la vendita e la pubblicazione del catalogo.
A favore della sua denuncia e della sua causa si è spesa un’altra artista.
Cristina Donati Meyer durante la notte ha appeso sul muro esterno del museo un disegno intitolato “Il ratto di Bansky” che ritrae La Banda Bassotti mentre ruba uno tra i più famosi lavori del misterioso artista.
Questo “artentato”, come lei stessa l’ha definito, è finalizzato ad aprire una riflessione sulla privatizzazione dell’arte pubblica: l’entrata della street art nei musei e nelle gallerie ne provoca la morte, in quanto causa la perdita di valore e di senso del suo messaggio.
“Lo scopo è quello di creare un manifesto, di lanciare un allarme, non di comparire nelle sale ben illuminate dei musei.
– Gloria Tomassini
I messaggi di Banksy sono lanciati per far ragionare chi li riceve e per scomparire alla stessa velocità con cui compaiono, non per essere consumati in massa e applauditi”.
Caterina Moioli
II anno del corso di Scenografia
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