L’arte come strumento al servizio degli altri
“L’arte sa darci delle domande, destabilizzarci, sorprenderci, ma nell’arte non c’è nessuna finalità di cura specifica che è invece del processo arte terapeutico.”
L’arte, qualsiasi sia la sua natura (dalla poesia, alla danza o alla musica), può essere utilizzata come strumento per sostenere le persone.
TERZO INCONTRO a distanza
Durante l’incontro a distanza con Aurora Mascheretti, attrice e arteterapista – che segue quello con Veronica Faini, coordinatrice e maestra della casa dei bambini – abbiamo imparato come l’arte diventi una possibilità per accedere ad un contatto altro e profondo con se stessi al fine di attivare un cambiamento rispetto ad una situazione iniziale di malessere.
Diversamente dal terapeuta, il terapista non ha la formazione per fare una diagnosi ma interviene sulla base di questa, sia nell’ambito della prevenzione che della patologia, sostenendo le persone nel loro percorso espressivo, di contatto e riscoperta delle proprie capacità, percorso nel quale verranno elaborati i contenuti simbolici emersi attraverso le immagini, con l’intento di promuovere un processo di sviluppo personale.
“L’ Arteterapista affianca la persona attraverso l’esperienza artistica e fornendo una guida per leggere la realtà.”
Per fare ciò il terapista si “allontana” dall’altro, per riuscire a vedere ciò di cui la persona mostra di aver bisogno. In fine ultimo è servire alla persona occasioni in cui possa contattare l’immagine più alta di sé stessa, rimandandogli, in questo modo, il suo stesso potere di autodeterminarsi.
Ogni terapia è strettamente personale ed e’ il risultato della relazione e certamente anche dell’altro investimento della persona.
NO AI METODI, SI AI MODELLI
Durante l’incontro Aurora ci ha portato ad esempio due differenti terapie da lei utilizzate, per mostrarci cosa significa per lei fare arteterapia. Ci ha inoltre spiegato che la metodologia è uno strumento per raggiungere, tramite passaggi determinati, un fine specifico.
La sua filosofia è quella di sposare i modelli piuttosto che i metodi. Si pone in più dimensioni contemporaneamente, intrecciando tutte le esperienze fatte, poi, a seconda del suo mandato, porta fuori quel determinato valore specifico.
Secondo lei, in un processo arteterapeutico, viene stabilita insieme alla persona la finalità ultima del percorso sulla base del malessere emerso ma non si può determinare con anticipo l’esatto approccio con cui verrà raggiunta; questa infatti è il frutto del dialogo unico con la persona.
La sua prima esperienza che ci ha portato ad analisi è il lavoro svolto per due anni presso il nucleo Alzheimer per anziani, dove il punto focale era il contatto (spesso negato alle persone anziane). Il piacere provato nell’atto di contattarsi e nell’incontro intenzionale con L’altro.
Il contatto e il piacere del contatto erano il fine.
Gli strumenti attivati sono stati tecniche teatrali e gestuali, così come la creta e il vocalizzo.
Nella seconda esperienza, invece, Aurora è stata chiamata come esperta presso una scuola con l’obiettivo di svolgere, insieme ai bambini, un percorso sul segno. Il primo approccio era incentrato sul movimento, un lavoro fisico su un supporto, scoperto e attivato da loro.
Il fine ultimo, però, era quello di permettere al bambino di lasciare, tramite un segno, traccia di sé.
“L’arte è uno dei possibili strumenti per connettersi con le persone, diventando per queste stesse un canale preferenziale della conoscenza intima. A seconda dei nostri canali di apprendimento saremo più affini ad un’arte o ad un’altra”.
Per condurre sedute di arteterapia, è necessaria una formazione idonea che non comprende l’essere artisti, ma la conoscenza dello strumento che si intende utilizzare come veicolo per la terapia. Chiunque può prenderne parte e trarne giovamento.
RIFLESSIONE
“Dell’incontro con Aurora Mascheretti mi ha colpito l’aspetto temporale del processo dell’arte terapia. Io sono una persona piuttosto impaziente, e penso che sia anche dovuto al tipo di società in cui vivo. Nel nostro contesto storico secondo me siamo abituati al fatto che tutto sia veloce o addirittura immediato.
Se è vero che da un lato questa velocità ci permette di comunicare istantaneamente con le persone dall’altra parte del mondo come mai siamo riusciti a fare prima d’ora, è anche vero che spesso applichiamo questo principio alla nostra salute, pensando che per ogni cosa che non va ci sia un rimedio, una soluzione rapida.
Chiaramente noi non siamo computer, e appena ci si ferma a riflettere diventa chiaro che non tutto sia risolvibile con questa velocità, che tanto osanniamo.
Mi ha fatto bene sentirmi ripetere, ancora, che ogni tanto va bene rallentare, e che fa parte della nostra natura il fatto che alcune cose non si risolvano nel giro di un’ora, un giorno o una settimana, ma che per risolvere alcune cose importanti (forse le più importanti), ciò che abbiamo bisogno davvero sono tempo e pazienza.”
Chadi
Scritto da
Studenti del biennio specialistico di Scultura Pubblica Monumentale
Revisione di
Professoressa Damiana Gatti, docente di Pedagogia e didattica dell’arte e Didattica per il museo
Editing
Valentina Dantes, studentessa del III anno di Web e Comunicazione d’impresa
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