Che cos’è un museo?

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

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Una domanda da porsi, non così insolita e isolata in questo 2020.

Ciò  che uno studente di un’Accademia inevitabilmente comprende dopo tre anni di studi, è che tutto ciò che concerne il mondo dell’estetica e, in particolar modo, il concetto di fruizione di un’opera, è di fatto inconciliabile rispetto ad un qualsiasi principio di tipo logico.

Definire dunque, in poche frasi esaustive ed efficaci, quella che è l’essenza del museo – tempio della fruizione – risulta essere un’impresa tutt’altro che banale ed immediata, sicuramente più complessa dell’organizzare e definire la struttura e le attività della realtà museale stessa.
A testimoniarlo è l’evidente difficoltà che sta dimostrando non una matricola al primo esame di Didattica dell’arte per i musei, ma l’ International Council Of Museums (ICOM), che molto probabilmente troverebbe meno difficoltoso spiegare, attraverso criteri logico-matematici, il movimento dei pianeti all’interno del Sistema solare, piuttosto che lavorare alla nuova definizione di “museo” – ormai fossilizzata nel lontano 2007 – che possa soddisfare e mettere d’accordo i suoi quarantamila iscritti tra musei e professionisti di tutto il mondo.

La verità è che quando l’oggetto di studio tocca direttamente la percezione e la sensibilità individuale, risulta impossibile riuscire a definirlo universalmente.

Basti pensare che Platone, non riuscendo a dare una definizione di “arte” sufficientemente esaustiva, fece appello all’Iper-Uranio, mondo trascendente dove risiedono i principi universali, le idee.

È dunque ad un dio che dobbiamo chiedere di scrivere una definizione che possa racchiudere l’essenza del museo in maniera chiara a tal punto da essere compresa e condivisa da tutti?
Nell’attesa che un Ermes suoni al campanello della sede dell’ICOM con la risposta inviata direttamente dall’Olimpo, è meglio tornare con i piedi per terra e concentrarsi sulla realtà. Si potrebbe, per esempio, ispirati dal concreto e pragmatico pensiero aristotelico, adottare un metodo induttivo e svolgere dunque un’indagine campione che possa racchiudere quella che è la percezione condivisa.

Se chiedessero a me, sicuramente non cercherei di dare un’interpretazione che somigli ad un assioma geometrico, concentrandomi piuttosto sulla mia personale esperienza in quanto fruitore.
Se c’è una costante che accomuna tutti i visitatori, è di fatto il loro essere umani e in quanto tali esseri sociali e, poiché uomini e donne del XXI secolo, anche social.

Se il museo risulta essere dunque riflesso di chi lo vive, sarebbe così assurdo immaginare il grande e complesso Sistema museale come una rete di amicizie nella quale ciascun componente gode di una personalità propria capace di portare arricchimento al gruppo?

Se così non fosse, allora proverei ad azzardare qualche profilo:

  • Il Museo della città – coincide senza alcun dubbio con l’amico di sempre, conosciuto alle elementari e che ci è stato accanto in tutti gli step della nostra vita. Con lui abbiamo giocato da bambini, ci siamo allontanati durante l’adolescenza – forse perché lo abbiamo dato per scontato – ma proprio a lui facciamo sempre ritorno poiché parte delle nostre radici.
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Città, illustrazione di Francesca Bresciani
  • Il Museo di arte contemporanea – è al contrario una nuova conoscenza, un tipo un po’ stravagante che vediamo giusto il tempo di un caffè perché sentiamo di doverlo prendere a piccole dosi prima di abituarci completamente alla sua presenza, ma che, ciò nonostante, ci incuriosisce ed intriga, poiché certi che sotto a quel cappotto eccentrico e a quel cappello piumato si nasconde un’anima profonda e tutta da scoprire.
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Contemporanea, illustrazione di Francesca Bresciani
  • La Pinacoteca – è l’amica bella e sofisticata che piace proprio a tutti. È quella ragazza ben vestita, che sembra sempre appena uscita dal parrucchiere e che non esce mai male in fotografia. Uscire con lei significa fermarsi ogni cinque passi a salutare i suoi mille amici sparsi per la città oltre che essere sempre pronti ad una sessione di autoscatti che verranno pubblicati sul suo profilo Instagram.
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Pinacoteca, illustrazione di Francesca Bresciani
  • Il Museo archeologico – è l’amico curioso, paziente e anticonformista che passa le giornate alla ricerca di avventure all’aria aperta, lontano dai riflettori dei social network, non perché privo di contenuti interessanti da mostrare, come tutti pensano, bensì poiché forse un po’ troppo alternativo per essere apprezzato e capito dalla massa.
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Archeologico, illustrazione di Francesca Bresciani
  • Il Museo di fotografia – è l’amica che riconosci per il suo abbigliamento rigorosamente bianco e nero,  accompagnato da un paio di occhialoni che è costretta a portare a causa delle troppe ore passate in compagnia di un film d’epoca. Può sembrare una persona introversa ma in realtà il suo silenzio è dato dal suo costante osservare la vita che scorre attorno a lei. Talvolta sembra vivere di ricordi ma la verità è che non vede l’ora di costruirne di nuovi.
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Fotografia, illustrazione di Francesca Bresciani

Evidente è il carattere idealistico e sognante di questa mia personale riflessione ed interpretazione della realtà museale.
Ma è davvero così folle attribuire caratteristiche e connotati tipicamente umani a luoghi che si pongono come fine quello di conservare e preservare la testimonianza e la sensibilità di individui che hanno cercato di arricchire la loro breve esistenza con soluzioni creative e fuori dal comune?

In fondo, credo che piuttosto risulterebbe errato e superficiale ridurre il museo ad un mero spazio fisico, ignorando dunque il suo potere comunicativo, attrattivo ed ‘unitivo’, capace di dare vita a relazioni tra gli uomini, gli artisti, le opere d’arte e ciò che esse rappresentano.

Probabile è anche il fatto che queste mie considerazioni così sentimentali e a tratti nostalgiche, siano solo un’eco scaturito dalla consapevolezza del momento storico che stiamo vivendo e che da un giorno all’altro si è imposto così brutalmente nelle nostre vite, andando a minacciare quella che, come precedentemente sottolineavo, è una delle caratteristiche più intrinseche dell’essere umano, la sua naturale inclinazione alla socialità.

Ed è proprio in questo stato di emergenza che riusciamo a vedere affiorare il lato più umano dei musei che, esattamente come tutti noi, sentono la mancanza del rapporto umano e di tutti i loro visitatori che amavano perdersi tra le sale, incantati da sculture, dipinti, reperti e fotografie.

Perché, ammettiamolo, che ragion d’essere possiede un museo che non può essere fruito?

Non stupisce infatti la risposta immediata che queste istituzioni hanno dato a tutte le restrizioni che minacciavano di intaccarle. Dai grandi musei delle capitali mondiali fino alle più piccole realtà comunali, tutti hanno ritenuto necessario dare alla propria dimensione sociale una svolta social del tutto innovativa e coerente con la propria realtà, forse proprio perché anche loro, esattamente come i nostri amici, soffrono la solitudine e sentono il bisogno di mantenere, seppure a distanza, le relazioni con il mondo. 

Sento la certezza che presto l’ICOM sorprenderà tutti con una definizione di museo nuova di zecca, che forse potrà sembrare ancora una volta un’asettica e quasi antipatica formula fisica alla quale nel giro di qualche settimana faremo però inevitabilmente l’abitudine.

Starà dunque a noi, frequentatori ma soprattutto amici dei musei, trovare la capacità di leggere tra le righe per cogliere la nostra più intima e personale definizione di museo che si cela dietro a quella ufficiale e che, probabilmente, nessuno sarà mai in grado di esprimere a parole.

Francesca Bresciani, #teamdidattica
studentessa del III anno di Didattica dell’Arte per i Musei


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