Destinazione: nuovi incontri. Fra Arte e comunicazione.
La curiosità è uno degli aspetti chiave della vita: la voglia di conoscere e apprendere sempre cose nuove non deve mancare mai.
E così deve essere anche per i corsi in Accademia, che forniscono sempre nuovi spunti e stimoli per crescere e migliorarsi. Così quando viene proposta un’uscita per conoscere e incontrare nuove realtà non si può dire di no, anche se ormai si è prossimi alla laurea e i corsi sono finiti. È con questo animo che colgo le occasioni che mi vengono offerte.
In questo caso, il prof. Alessandro Mancassola mi invita apartecipare all’uscita che ha organizzato per le ragazze del I anno del biennio di Comunicazione e Didattica dell’Arte per il suo corso di Progettazione Multimediale.
Così sabato 17 novembre sono partita all’alba per Milano.
Destinazione: #nuoviincontri
Tappa 1: il Magazzino di Spazienne
Arriviamo a Garbagnate Milanese nella tarda mattinata e Nicolò Colciago ci attende fuori dalla stazione per condurci alla scoperta del magazzino di Spazienne, il gruppo di artisti di cui fa parte. Loro sono in cinque – lui, Stefano Comensoli, Giulia Fumagalli, Alberto Bettinetti e Federica Clerici – e sono dei giovani artisti riuniti in uno spazio indipendente in cui sono liberi di muoversi e di accumulare materiale. Perché uno dei punti della loro ricerca è quello del recupero: quindi tutti quegli oggetti interessanti, che incontrano e raccolgono durante le loro esplorazioni e che poi assemblano nelle loro opere, trovano uno spazio nel loro magazzino.
Il magazzino è davvero enorme e molto versatile: c’è una zona per lo stoccaggio dei materiali, una d’archivio, una di laboratorio, una di studio e una di stampa. In quest’ultima area si trova una risograph, una stampante molto particolare che viene utilizzata dagli artisti per la realizzazione di progetti e manifesti delle loro mostre. Questo macchinario è molto interessante, in quanto permette loro di sperimentare le sue varie funzioni, permettendo loro di giocare sia con il retino di stampa che con le varie impostazioni, tra cui quella del colore, ottenendo così dei risultati curiosi e insoliti. Utilizzando questo strumento, hanno anche condotto un workshop per gli artisti della residenza SHOT, realizzando con loro una fanzine, caratterizzata dai lavori in successione dei vari artisti, che si mescolano e creano dei collegamenti inaspettati.
Un altro punto cardine della loro ricerca è l’interazione con lo spazio pubblico. Infatti, uno dei primi progetti è stato la creazione di un kit per portare delle mostre nello spazio urbano: delle azioni spontanee e veloci che entravano in relazione con l’atteggiamento della gente nei confronti di tutto ciò. Questo carattere è mantenuto anche in uno degli ultimi progetti di Nicolò e Stefano: il Piccolo Esercito. In collaborazione con Annika Pettini, direttrice della Galleria Otto Zoo e scrittrice, e Davide Pestillo, un DJ, i due artisti realizzano delle brevi incursioni cittadine in cui i protagonisti sono questi piccoli guerrieri, frutto di assemblaggi dei materiali trovati e raccolti. Il tutto si configura come un evento multiplo di visioni, fatto di immagini, suoni e parole. Fondamentale è anche il fatto che questo progetto – come del resto anche altri – cerca di avere un’identità, influenzata da ciò che le situazioni esterne suggeriscono.
Questo senso di identità e trasformazione può essere ben percepito da un altro progetto di Nicolò e Stefano: Dislivello Project, svolto nell’estate 2017. Già dal logo si coglie l’aspetto caratterizzante: un passaggio dalla realtà urbana a quella della montagna, con un colore d’accento fluorescente che richiama ad aspetti ricorrenti legati al cantiere e alla segnaletica. Il logo che li accompagna diventa infatti uno stencil, un segna via ma anche una sorta di campionatura di quello che i dueartisti hanno incontrato durante il loro viaggio. Infatti, il progetto prevedeva un percorso a piedi dal magazzino di Spazienne fino a Borca di Cadore, per partecipare alla residenza di Dolomiti Contemporanee. Venti giorni di cammino documentati dalla pagina Instagram dedicata – con le stories che fissavano i dietro le quinte di questo viaggio e i tre post giornalieri che fungevano da archivio della tappa – e venti giorni di residenza terminati con la realizzazione del Bivacco, un’installazione assemblata con elementi recuperati dalla Colonia.
Alla fine Nicolò ci presenta una piccola anteprima del futuro. Il magazzino di Spazienne si sta evolvendo e presto ospiterà anche uno spazio espositivo che sarà inaugurato da una mostra sviluppata in tre capitoli, una sorta di collettiva-personale, in cui tutti e cinque a turno esporranno i loro lavori in relazione e in dialogo con il nuovo spazio. La volontà è quella di lasciarlo aperto per realtà e persone con le quali sono entrati in contatto nel corso degli anni di lavoro, tutta quella rete in continuo ampliamento, e che potranno realizzare dei progetti espositivi in relazione a questo spazio.
Tappa 2: The Art Chapter – Milano art book fair a BASE
Subito dopo aver salutato Nicolò, ci spostiamo verso la città.
Destinazione: BASE.
Questa realtà è caratterizzata da tre parole chiave: rigenerazione urbana, co-progettazione e innovazione nelle industrie creative. Infatti, questo progetto si insedia all’interno della fabbrica ex-Ansaldo, in un edificio enorme, che torna in vita grazie a questa rigenerazione urbana, tradotta in laboratori, spazi per esposizioni, spettacoli, workshop, conferenze, sala studio e residenza d’artista. Tante sfaccettature per un progetto dinamico e innovativo che propone sempre una serie di eventi, anche in relazione alla città di Milano.
Uno di questi è BookCity Milano, un’iniziativa che si articola in una manifestazione di tre giorni, durante i quali vengono promossi incontri, presentazioni, mostre, spettacoli e molte altri eventi legati al tema della lettura, che si svolgono in varie sedi pubbliche e private della città. Uno di questi è la seconda edizione The Art Chapter – Milano art book fair, ospitato all’interno degli spazi di BASE. Si tratta di un evento che curano in collaborazione con Boîte, dedicato alla sperimentazione e ricerca editoriale in dialogo con l’arte contemporanea. Sono così ospitati una serie di rappresentanti di ricerche in questo campo, provenienti dall’Italia ma non solo. Il libro diventa quindi la documentazione di un’opera o di una mostra, ma anche un’opera d’arte esso stesso.
La possibilità di dialogare con loro è davvero interessante e fornisce dei nuovi spunti di riflessione. Si conoscono così le ragazze di Butik Collective, giovani curatrici che presentano il loro lavoro con un’attenzione particolare al progetto C.arte, una serie di pubblicazioni sul loro rapporto e dialogo con gli artisti. Oppure il progetto di ArtBag Mag, una rivista di multipli a sorpresa, che si ispira alla logica dei pacchetti delle figurine e in cui degli artisti sono chiamati a realizzare delle opere che poi vengono spedite. Oppure ancora BoîteEditions, che si occupa di editoria legata all’arte e realizza l’omonima rivista in scatola. Tra loro espongono inoltre anche i ragazzi di Spazienne e Giulia ci presenta i lavori di cui Niccolò al mattino ci aveva parlato: la fanzine frutto della collaborazione con la residenza SHOT, quelle del Piccolo Esercito e altri lavori che loro realizzano utilizzando la risograph.
Tappa 3: The Black Image Corporation, Osservatorio di Fondazione Prada
Salutata Giulia, dopo una brevissima tappa per curiosare l’esposizione fotografica in occasione del Photo Vogue Festival sempre a BASE, ci spostiamo nell’affollatissima Galleria Vittorio Emanuele. Qui ci attende il lussuoso ascensore con destinazione Osservatorio di Fondazione Prada.
Lo spazio è meraviglioso: situato sopra la galleria, si gode della vista insolita di questa struttura architettonica che si è soliti vedere solo passeggiandoci sotto. L’artista Theaster Gates cura in questo spazio The Black Image Corporation, che mette in mostra materiale d’archivio proveniente dalla Johnson Pubishing Company, una collezione di immagini legate all’identità afroamericana. Una mostra fotografica con la quale l’osservatore può interagire direttamente: sia potendo osservare dei negativi con una lente d’ingrandimento su di un tavolo luminoso, che sfogliando le copie originali delle riviste su una comoda poltrona, oppure, scegliendo quale fotografia mettere in vista su un leggio in legno. In un certo senso ci si sente come all’interno di un archivio, con la possibilità di indagare e scoprire questo patrimonio.
Tappa 4: Sanguine. Luc Tuymans on Baroque, Fondazione Prada
Usciti dalla mostra nell’Osservatorio, ci spostiamo nella sede di Fondazione Prada in Largo Isarco. Qui ci accoglie subito la struttura che si inserisce nel tessuto urbano, dal quale svetta la nuova Torre.
Anche in questo caso, la mostra in corso è curata da un artista. Sanguine. Luc Tuymans on Baroque è un’esposizione curiosa, dove grandi opere del passato – tra queste basti citare quelle di Caravaggio e Rubens – entrano in dialogo con opere d’arte contemporanea – tra queste troviamo per esempio opere di Roberto Cuoghi, Bruce Nauman e Pierre Huyghe. Un percorso non cronologico, ma fatto di accostamenti inediti e per certi versi anche inaspettati tra opere di epoche diverse, realizzate con differenti mezzi e attraverso le quali l’artista-curatore indaga il termine e l’identità del Barocco, che va oltre i limiti temporali stabiliti dalla storia dell’arte e si protrae fino alla ricerca contemporanea.
Tappa 5: Atlas, Torre di Fondazione Prada
Per concludere in bellezza la giornata non poteva mancare l’ascesa alla nuova Torre di Fondazione Prada. Salendo per nove piani lungo la meravigliosa scalinata, la fatica viene ripagata dai sei livelli espositivi che mettono in scena il progetto Atlas, nato dal dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant.
Ogni piano è dedicato all’esposizione di lavori che negli anni sono entrati a far parte della Collezione Prada. Questi entrano in perfetto dialogo tra di loro e con lo spazio che li ospita. Ogni singolo piano è enorme, con un affaccio sul paesaggio cittadino, che entra così anch’esso in relazione con le opere.
La Torre diventa così una sorta di grande esposizione in verticale, suddivisa in piani-sezioni che ospitano non più di due artisti alla volta, dando “respiro” alle opere esposte, siano esse in dialogo o in contrasto tra di loro. Abbiamo quindi: le opere di Carla Accardi con la grande installazione di Jeff Koons; la trilogia di automobili di Walter De Maria; le effimere installazioni di Mona Hatoum in relazione a quelle luminose e sonore di Edward Kienholz & Nancy Reddin Kienholz; le sculture di Michael Heizer in dialogo con quelle di Pino Pascali; i dipinti di William Copley in contrasto con le teche di Damien Hirst; i lavori di John Baldessari con l’installazione ormai divenuta mainstream di Carsten Höller.
Alla fine scendiamo la scalinata della Torre un po’ affaticate. È stata una giornata intensa, ma molto produttiva: ha fornito una serie di spunti e stimoli su cui riflettere, placando la sete di curiosità.
O almeno fino alla prossima occasione.
Alice Vangelisti #teamdidattica
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