Un Graphic Designer italiano in Spagna

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

Che cos’è il Graphic Designer?

Un artista visivo, colui che mette in comunicazione, con idee e progetti creativi, parole e immagini. Questo è il Graphic Designer.
Gli occhi del Progettista Grafico, come gli occhi dell’artista, sono sempre stimolati dagli elementi che trovano sul loro percorso, quotidiano e di vita, personale e professionale. Più gli elementi nuovi sono diversi dal loro vissuto esperienziale più ne rimangono affascinati, colpiti e spesso contaminati fino a quando quelle nuove immagini vengono smontate, sintetizzate e “riformulate” in un nuovo stile personale.

Matteo Tortelli, studente di Grafica, racconta con semplicità a Angelo Marchese la sua esperienza da studente Erasmus in Spagna.

In che modo il tuo stile grafico è stato arricchito o “contaminato” dalla tua esperienza spagnola?

Partirei col dire che il metodo con cui affrontare un progetto è abbastanza diverso rispetto a quello che ero solito usare in Italia. Durante le lezioni in Spagna si presta molta più attenzione alla parte teorica e progettuale dell’idea che sta alla base di una possibile implementazione. Nei due principali progetti che ho svolto in questi mesi, prima di mettere mano al computer per dare luce alle mie idee, ho passato molto tempo a disegnare, cercare di rendere concreta quell’idea prima sulla carta. Credo sia una fase molto importante nello sviluppo di un progetto perchè ti aiuta a capire se quella tua idea è realizzabile o meno e, nel caso lo sia, il metodo migliore con cui affrontarla perchè la rendi già in parte tangibile. Sempre durante la fase progettuale mi è stato insegnato a prendere ispirazione da lavori di personaggi del settore analizzando lo stile e i ricorsi tecnici che hanno adottato per rendere i loro lavori un punto di riferimento soprattutto per noi studenti.

Che tipologia di lavori vengono affrontati nella materia di indirizzo? Quali sono le maggiori differenze?

Devo dire che durante le prime lezioni ero abbastanza spaventato dalla mole di lavoro che ci era stata assegnata. I progetti che ho affrontato sono molto più completi, non si limitano all’applicazione di una grafica all’oggetto proposto,  ma bensì si sviluppano attraverso creazione di un concetto grafico, in seguito da applicare e negli ambiti più svariati: l’esposizione di un artista in un museo, la creazione di una serie-tv in dvd per la provvedere alla progettazione di  merchandising, mezzi pubblicitari e possibili packaging. Il tutto  seguito dalla creazione, stampa e presentazione di un impaginato nel quale spiegare i vari passi compiuti per arrivare alla soluzione finale, mock-up vari e la parte tecnica nella quale specificare i metodi proposti per la realizzazione dei prodotti.

“Creatività: è tutto ciò che prima non c’era ma realizzabile in modo essenziale e globale.”
– Bruno Munari

I grafici spagnoli, curano di più l’aspetto tecnico o creativo?

Nel corso che ho seguito direi che la parte più curata è quella tecnica. Mi spiego meglio: ogni studente non veniva giudicato dal suo stile grafico ma ogni scelta doveva essere giustificata. In questo modo la parte creativa è messa a servizio dell’utilità e quindi in un certo senso a conferma dell’applicazione.

Hai incontrato difficoltà a stare “al passo” con la preparazione degli altri studenti?

Come ho detto prima, di primo impatto pensavo che avrei avuto difficoltà nei lavori, un po’ anche per la barriera sulla conoscenza della lingua straniera. Poi, pian piano, un po’ grazie al corso di spagnolo che ci hanno fatto seguire e un po’ per la disponibilità da parte dei docenti,  mi sono portato alla pari degli altri studenti. A livello di “capacità”, non credo gli studenti spagnoli  siano migliori di quelli italiani: tutto dipende da come si è abituati a lavorare e quanto tempo si dedica a questo aspetto.

Com’è stato inizialmente trovarsi fuori sede senza punti di riferimento? Pensiamo anche alle piccole cose: ad esempio… dover stampare i lavori.

Ho passato molto tempo in giro per la città con la mappa per conoscere la zona ma alla fine solo nel momento in cui ti serve qualcosa sai cosa dover cercare. Fortunatamente i ragazzi che ho conosciuto hanno sempre cercato di aiutarmi indicandomi appunto i posti migliori dove poter stampare i proprio progetti o recuperare il materiale necessario. Quando poi ti trovi anche con altri ragazzi Erasmus, forse più spaesati di te, è anche divertente far passare decine di negozi e vedere la faccia dei commessi che capiscono a prima vista che non sei del posto portandosi avanti dicendo che non sanno parlare inglese.

C’è una grande differenza nell’organizzazione della giornata?

Molto diverso. Tralasciando gli orari scolastici che sono organizzati in modo differente, a Logroño e penso in Spagna in generale, i ritmi sono molto più rilassati. I negozi non aprono prima delle nove, dalle due alle cinque si fa siesta per poi finire alle nove di sera. Quindi, anche se si è impegnati la mattina, si ha molto più tempo nel tardo pomeriggio per fare quello che si vuole.  Per non parlare del week- end che inizia al giovedi. Il vero ed assoluto giorno di riposo è la domenica, nessuno lavora e quasi nessuno mette piede fuori casa.

Oltre alla Spagna hai potuto rapportarti anche con altri ragazzi Erasmus provenienti da altri paesi? Quali aspetti positivi pensi possano derivare da questa contaminazione?

Ho avuto la fortuna di confrontarmi con ragazzi provenienti prevalentemente dell’est Europa (Polonia, Repubblica Ceca). Tra gli aspetti positivi derivanti da questa contaminazione, metterei al primo posto la conoscenza di usanze e tradizioni diverse dalle proprie. Ricordo ad esempio la cena pre-natalizia: avevamo deciso di cenare tutti insieme e ognuno ha portato qualcosa di tradizionale del proprio Paese. Io ovviamente ho portato la pasta al forno che tutti hanno gradito ringraziandomi in un finto italiano e gesticolando! ☺
Come tutti sappiamo gli stereotipi sono difficili da superare ma a volte sono semplicemente l’esagerazione della realtà. Ad esempio, ho imparato che in Polonia non fa sempre freddo e che lo spagnolo non è assolutamente come l’italiano e che “basta aggiungere una “s” alla fine di ciascuna parola!” ☺
Ho anche scoperto che come me, anche un ragazzo polacco che abitava nell’appartamento sopra al mio ogni natale guarda per tradizione il film “Mamma ho perso l’aereo”. Come dire: “ogni mondo è paese”!


Matteo Tortelli, III anno del triennio di Grafica, ha raccontato la sua esperienza da studente Erasmus a Angelo Marchese, II anno del triennio di Nuove tecnologie dell’arte, suo amico e rappresentante della consulta studentesca.

Prefazione di Laura Tonin
Ufficio Social Media & Web Content


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