Amedeo Beretta: un tuffo nell’animazione digitale
Dal 20 Marzo 2017 e per due settimane, il Professore Amedeo Beretta, docente in cattedra per il corso di Tecniche di Animazione Digitale dell’Accademia SantaGiulia, terrà un workshop intensivo di 40 ore, agli studenti del II anno del triennio di Nuove tecnologie dell’Arte, sull’animazione digitale.
Con l’utilizzo del programma Maya, gli studenti affronteranno uno degli argomenti più complessi e fondamentali dell’animazione: la locomozione bipede (CORSA/CAMMINATA).
Amedeo Beretta al momento collabora in veste di Programme Leader for Digital Animation and VFX con MET Film School di Londra, ed è Visiting Tutor presso SAE institute, sempre a Londra. Ha più di 14 anni di esperienza in animazione digitale.
In questi anni ha coperto diversi ruoli nel settore della Computer Animation per una quantità di progetti di svariata natura come serie TV, film Live Action con integrazione di VFX, lungometraggi di animazione CG, pubblicità TV, video giochi e visualizzazione architettonica.
Gli studenti dell’Hdemia, professionisti di domani, avranno quindi l’opportunità di lavorare con uno degli animatori digitali più importanti nel panorama internazionale, in un’ottica di apprendimento frutto di continui confronti con il professionista in cattedra.
Prima di iniziare il corso, abbiamo intervistato Amedeo, per capire meglio cosa lo appassiona nel suo lavoro, cosa vorrebbe fare da grande (!!!), cosa, oltre alla tecnica, potrà trasmettere agli studenti di Nuove tecnologie.
L’abbiamo intervistato per voi!
1 – Il campo dell’animazione digitale si è evoluto molto negli ultimi anni… Si può dire che dopo Toy story, capostipite dei film di questo genere, si sia assistito a un notevole sviluppo in questo settore, soprattutto al cinema, fino ad arrivare agli ultimi anni in cui i movie d’animazione sono numerosi e ottengono grandi riconoscimenti.
Secondo te ci sono ancora margini di sviluppo in questo settore? E se si, quali pensi possano essere i traguardi nel breve e nel lungo periodo?
Esistono sicuramente possibilità di ulteriore sviluppo nel settore, anche se, come sempre, è difficile prevederene con precisione il processo evolutivo.
La produzione di animazione digitale in Computer Grafica (CG) che oggi potremmo azzardarci a definire “tradizionale” (ad esempio lungometraggi interamente in CG) si è enormemente consolidata sia a livello tecnico che produttivo.
Molti aspetti dello sviluppo di animazione CG, che solo pochi anni fa erano dominio esclusivo di studi con accesso a grandi budget, strutture dedicate a ricerca e sviluppo e pianificazioni pluriennali magari impensabili altrove, sono ora accessibili a studi di dimensioni ridottissime che possono avvicinarsi a software professionale con prezzi abbordabili in grado di garantire eccellenti risultati in mano a talento e competenza.
A questo proposito tecniche sia di base che avanzate sono disponibili oggi piu’ o meno liberamente attraverso il web, per cui è divenuto facile consultare documentazione in grado di chiarire in dettaglio tecniche e processi che solo 10-15 anni fa sarebbero apparsi praticamente come arte oscura agli occhi di uno studente o di un appassionato alle prime armi.
Un altro elemento i cui contorni si delineano sempre più precisamente con il passare del tempo è lo sviluppo delle tecnologie dedicate ai videogiochi: negli ultimi 10 anni i videogiochi hanno spinto enormemente sullo sviluppo tecnologico, al punto che fondamentalmente oggi ci possiamo permetter di produrre CG di livello professionale su PC dai costi estremamente contenuti a patto che siano abbastanza buoni da “far girare” videogiochi di fascia medio-alta ad un accettabile livello di dettaglio.
È verosimile attendersi che in capo a pochi anni buona parte del processo produttivo avrà luogo su strumenti che oggi chiameremmo “motori di gioco”, il software cioè in cui siamo immersi ogni volta che stiamo giocando su una console, ad esempio.
Personalmente non vedo l’ora che la transizione sia effettiva, dal momento che questo permetterebbe agli artisti di passare da ore di attesa prima di poter vedere il risultato del proprio lavoro a pochissimi secondi.
La riduzione drastica dei tempi di attesa di suo aprirebbe il campo a nuove sperimentazioni, considerato che ciò che storicamente vincola il cinema di animazione a stili di provata efficacia tecnica è l’elevato costo che un qualsiasi nuovo stile imporrebbe a ricerca e sviluppo.
L’introduzione di tecnologie real-time derivanti dal mondo dei videogiochi abbatterebbe la barriera dei costi di sviluppo.
A quel punto l’animazione in CG diventerebbe accessibile anche a persone con visioni creative inedite che a causa della loro natura meno tecnica non hanno fino ad ora avuto accesso a quest’arte. Per molti versi si potrebbe pensare a quello che è stato l’effetto della fotografia sul mondo della pittura.
Oggi siamo in grado attraverso la CG di riprodurre realtà e realtà alternative credibili a costi progressivamente meno esosi e con tecnologie sempre meno elitarie. Questo può essere interpretato come il segno che esistono confidenza tecnica e sensibilità artistica sufficientemente solide da poter fare da base ad un ulteriore sviluppo di questa forma di rappresentazione.
A tutto ciò possiamo aggiungere il contributo di piattaforme emergenti come le risorte Virtual Reality (VR) ed Augmented Reality (AR), che sono ritornate in voga essenzialmente grazie alle eccezionali potenzialità teniche dei videogiochi moderni.
Nel breve periodo possiamo aspettarci un aumento esponenziale di prodotti animati in CG ora che sia tecnologie che documentazione sono più accessibili.
Nel lungo periodo potremmo assistere ad una commistione di tecniche, discipline e veicoli e all’introduzione di nuovi stili di rappresentazione non necessariamente votati al realismo o alle sembianze del tradizionale “cartone animato”.
Potrebbero essere proprio i videogiochi a diventare il nuovo cinema, creando mondi possibili e credibili in cui lo spettatore possa scegliere in prima persona il livello di coinvolgimento attivo che desidera, come del resto si è già cercato di fare.
2 – Quale lavoro di animazione creato da altri avresti voluto fare tu? Qual è invece il progetto che hai nel cassetto e che speri di poter realizzare in un futuro prossimo?
Un progetto di animazione è frutto di una tale collaborazione di gruppo che non avrei una risposta certa a questa domanda: ogni lavoro complesso è caratterizzato da paternità multipla ed incerta, come si può immaginare scorrendo i titoli di coda di un qualsiasi film.
Ricordo che al tempo in cui ancora non sapevo con precisione cosa fosse l’animazione ma già “pasticciavo” in Photoshop rimasi affascinato da Dragon Heart (scheda tecnica – trailer), più che altro per lo spessore del personaggio di Draco piuttosto che per il fatto fosse realizzato in CG, ed ancora prima da Forrest Gump (scheda tecnica – trailer) per gli effetti speciali “invisibili” che ne permisero la messa in scena.
Sequenze introduttive e d’intermezzo dei videogiochi furono anche significative: Wing Commander (Wiki – guarda un video) e Command and Conquer (Wiki – guarda un video) per la capacità di rappresentare lo sviluppo di una trama nonostante i limiti tecnici del tempo. Più tardi quando già muovevo i primi passi in animazione rimasi veramente colpito da The Incredibles di Brad Bird (Pixar).
Non credo di poter affermare che avrei voluto partecipare a questi progetti anche se al tempo mi sarebbe sicuramente piaciuto poter dire “l’ho fatto io!”, potrei forse affermare che avrei voluto potermi misurare con progetti simili e sicuramente rimasi colpito dal modo in cui una semplice scena animata (spesso in maniera poco più che essenziale) fosse più che sufficiente a creare un mondo dotato di vita propria, in un processo che è molto simile a quello che accade quando da bambino si legge una fiaba.
L’animazione permette la creazione di nuovi mondi difficilmente rappresentabili in altri modi ed è dotata di un immenso potere di sintesi quando sfruttata con creatività.
Chiunque abbia fatto animazione si porta dietro una quantità di progetti inconclusi e di idee non realizzate, io non faccio eccezione.
Credo mi piacerebbe partecipare alla realizzazione di un videogioco in cui l’animazione possa contribuire sia alla storia che al game-play, e credo di essere egualmente attratto dalle serie televisive animate destinate ad un pubblico adolescente e/o adulto, ma non riesco ad essere più preciso di così.
In questo momento la maggior parte delle mie energie è dedicata all’insegnamento, da cui traggo soddisfazione al momento.
3 – Come nasce, nel tuo caso, l’idea per un lavoro d’animazione?
I progetti più appaganti sono nati parlando con amici che condividono la stessa passione per l’animazione e dalla frase “sarebbe bello fare…”.
Quando si lavora su progetti commerciali in genere l’idea è già presente quando salgo a bordo: a seconda del progetto uno ha più o meno possibilità di contribuire all’idea originale.
In qualsiasi caso l’idea può partire da un qualsiasi evento o argomento. Da questi germoglia una storia più o meno articolata che, una volta scritta, viene quasi invariabilmente rappresentata sotto forma di storyboard. A quel punto è relativamente semplice pianificare le risorse necessarie e farsi un’idea di costi e tempistiche.
L’idea dietro ad ogni shot animato parte da esperienza diretta, osservazione e ricerca. Senza osservazione e ricerca è molto difficile giungere a risultati convincenti.
Secondo me se si vuole partire dal nulla e costruire una storia è consigliabile sia leggere che scrivere molto.
4 – È più difficile creare un personaggio o la storia in cui inserirlo?
Secondo me le due cose sono collegate indissolubilmente ed è un compito arduo separarle.
In generale credo sia un compito incredibilmente impegnativo creare sia l’uno che l’altra in modo che risultino credibili assieme. Qualsiasi distrazione si paga!
La storia può partire dal personaggio ma il personaggio si forma attraverso l’interazione con la storia ed il mondo che essa intende rappresentare. In alcune situazioni il personaggio non avrà potere diretto sul mondo cui appartiene mentre in altre le sue azioni avranno effetti più immediati. Comunque vada si tratta di una relazione simbiotica.
Il personaggio preso fuori dal contesto può raccontarci molto anche solo a prima vista, ma per andare oltre la scorza superficiale è necessario vivere la storia col personaggio ed osservarne le reazioni. Secondo me le due cose si formano a vicenda e l’una suggerisce all’altra continuamente.
5 – Come è nata la passione per l’animazione e come hai iniziato questo lavoro?
I videogiochi negli anni ‘90 hanno sicuramente contribuito al mio interesse verso le storie di animazione.
Al tempo la rappresentazione grafica era per certi versi ancora primitiva, anche se già galoppava verso ciò che conosciamo oggi. Il fatto che la parte grafica mancasse ancora di dettaglio obbligava l’immaginazione a lavorare.
Insospettabilmente il film Forrest Gump mi diede un’ulteriore spinta verso l’animazione in senso lato. Al tempo arrivò in casa una VHS contenente un servizio sugli effetti speciali del film e per la prima volta cominciai a notare delle similitudini tra quello che facevo quando sperimentavo in Photoshop e gli effetti che si realizzavano per i progetti commerciali.
In famiglia inoltre l’animazione veniva molto apprezzata anche dai miei genitori, che la vedevano come una forma positiva e matura di espressione, o almeno così riesco a descrivere ora ciò che percepivo in loro quando si aveva l’opportunità di vedere un film di animazione insieme.
Veniva molto apprezzata anche l’animazione prodotta durante i tempi del Carosello, con cui i miei genitori erano evidentemente cresciuti.
Insomma quando si parlava di animazione lo si faceva sempre con una certa ammirazione, sia verso l’arte che verso gli artisti, il che ha sicuramente creato un ambiente favorevole al mio sviluppo in quella direzione.
Non credo che nessuno pensasse veramente che all’animazione corrispondesse un lavoro. Di sicuro non l’ho pensato io fino a che non ho cominciato a lavorare su progetti commerciali.
Ricordo che volevo semplicemente “fare 3D”, come si diceva al tempo, ma non avevo documentazione a portata di mano e poche idee su come ricercarla. Ad un certo punto ho avuto anche accesso ad Internet ma ancora non capivo a cosa servisse, senza contare che non conoscendo nessuno dei termini tecnici era difficoltoso per me trovare un punto d’entrata.
Mio fratello maggiore, come spesso accadde, favorì un evento pivotale nella mia ricerca: dovevo realizzare disegni di una struttura tridimensionale da vari punti di vista per un progetto scolastico al liceo.
Per una questione di pigrizia mi rifiutavo di fare questo lavoro a mano, sapendo già che in architettura si utilizzava Autocad per ottenere simili risultati. Mio fratello, che aveva studiato architettura, si offrì di spiegarmi i rudimenti di Autocad. Bastarono pochi minuti per cominciare ad utilizzarlo e da quel momento capii che la disciplina mi interessava. I miei primissimi modelli 3D nacquero in Autocad.
Più tardi, riparando PC, realizzando siti web ed impaginazioni grafiche, racimolai abbastanza soldi per iscrivermi ad un corso di 3-4 mesi di Maya.
Il corso copriva solo gli argomenti di base, cosa che al tempo mi infastidì non poco ma che col senno di poi trovo più che giustificata: la classe era composta da circa 15 persone di differenti età dai 19 ai 30 con basi diverse e diverse aspirazioni.
Sarebbe stato davvero poco pratico insegnare con efficacia ad una classe a composizione così eterogenea.
Più tardi cominciai a realizzare render architettonici, come accade di frequente in Italia. Nel frattempo avevo imparato a ricercare quello che mi serviva su Internet ed a farmi un idea più precisa di come venivano realizzati progetti di animazione più complessi.
Misi assieme uno show-reel (essenzialmente un portfolio animato) e lo mandai letteralmente in qualunque studio sospettassi avesse a che fare con progetti in CG. E poco a poco cominciai a lavorare avvicinandomi gradualmente a lavori sempre più specializzati in animazione.
Poi ad un certo punto grazie alla spinta di un amico realizzai che potevo anche mandare il mio show-reel in studi all’estero, visto che magari anche lì (e soprattutto lì) si faceva animazione. Scoprii che era vero!
6 – Attualmente sappiamo che lavori all’estero (Londra). È li per necessità o per scelta?
Londra è capitata nel 2010. Al tempo avevo già lavorato su alcuni lungometraggi d’animazione, un paio di videogiochi, serie TV e qualche pubblicità animata.
Le mie prime esperienze lavorative furono in Italia, dove ad essere onesto non ebbi mai problemi a trovare progetti su cui lavorare, anche se frequentemente ho avuto significative difficoltà a ricevere il compenso a lavoro ultimato con soddisfazione di entrambe le parti.
Più tardi mi capitò di lavorare in Germania e Spagna. In ogni caso credo che il mio partire fosse semplicemente mosso dalla necessità di esplorare che avvertivo al tempo
Ero curioso di lavorare su film di effetti speciali: era un tipo di progetto sul quale non mi era mai capitato di lavorare.
Al tempo era virtualmente impossibile lavorare su VFX in Europa a meno che non si fosse a Londra, per cui mandai il mio materiale a Double Negative VFX. Lo studio prometteva di essere all’avanguardia nel settore, stando a quello che avevo letto e di cui avevo sentito parlare. Ad essere onesto non ero molto entusiasta del clima londinese ma decisi di provare comunque.
L’esperienza in VFX cambiò completamente il mio modo di lavorare ed il mio punto di vista sul mondo dell’animazione.
Al tempo avevo già un pò di esperienza d’insegnamento, ma fu una volta in produzione e mi capitò di organizzare sessioni di training per i miei colleghi che cominciai ad apprezzare anche questo lavoro.
Più tardi cominciai ad insegnare in una scuola di cinema qui e quella che doveva essere una supplenza di un paio di settimane si è trasformata nel tempo in una collaborazione in pianta stabile. Adesso insegno anche in altre scuole ed università a Londra.
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