Cinque consigli utili per la comunicazione no-profit
Qualche mese fa ho affrontato una nuova sfida creativa: la realizzazione di uno spot no-profit contro la ludopatia. Sentendomi impreparata su questo genere di comunicazione, ho deciso di fare un piccola ricerca per documentarmi meglio sull’argomento.
Voglio condividere con voi quello che ho imparato e, soprattutto, qualche dritta che mi ha aiutata a svolgere meglio il mio lavoro!
Ma andiamo con ordine: a cosa pensiamo quando sentiamo parlare di “comunicazione sociale”?
La prima cosa che salta alla mente sono le innumerevoli “pubblicità progresso” che vediamo quotidianamente in televisione.
Non tutti sanno che Pubblicità Progresso è una Fondazione nata nel 1971 con il compito di sviluppare progetti di comunicazione integrata sociale per sensibilizzare l’opinione pubblica su alcuni problemi di carattere morale e civile riguardanti l’intera comunità.
L’attività di Pubblicità Progresso è caratterizzata da uno stile comunicativo sobrio e moderato, rimasto pressoché invariato durante quarant’anni di attività. Uno stile che, però, ha attirato numerose critiche a causa di campagne pubblicitarie giudicate da molti troppo “soft” e quindi poco efficaci.
Pubblicità Progresso non è l’unica realtà che si occupa di comunicazione sociale. Sono infatti numerose le organizzazioni no-profit che utilizzano questo genere di pubblicità come principale strumento per operazioni di fundraising e people raising, ottenendo ottimi risultati.
Si tratta di pubblicità originali ed emozionanti che al messaggio affiancano visual tecnicamente sempre più complessi e ricchi di contenuti.
Alcuni esempi:
L’associazione filippina Cara, si occupa attraverso volontari e donazioni di privati, di salvare cani e gatti randagi o abbandonati. Attraverso queste due immagini ci mostra come l’adozione da parte di una persona amorevole faccia la differenza nella vita di un animale.
Con questa brillante campagna di guerrilla marketing WWF ci ricorda che risparmiando la carta possiamo salvare il pianeta.
L’associazione APAV sceglie un tenero orsetto per denunciare lo sfruttamento del lavoro minorile, ricordandoci che l’infanzia finisce quando comincia il lavoro. [Puoi vederne altre in questo articolo di Boredpanda.
Ma cosa rende una pubblicità no-profit davvero efficace e di successo?
IL TARGET
Così come nella pubblicità commerciale, anche per la strategia pubblicitaria no-profit la domanda chiave è: “a chi mi sto rivolgendo?”.
Per esempio, nelle pubblicità legate al tabagismo si può scegliere di rivolgersi non per forza solo al fumatore ma anche ai giovani potenziali fumatori oppure ai non fumatori, stanchi di respirare il fumo degli altri, per convincerli ad esercitare il loro potere persuasivo.
SCELTA DEI MEDIA
Con “campagna sociale” non intendo solo la pubblicità tradizionale ma qualsiasi attività di comunicazione sviluppata dal soggetto promotore. Ricordati di scegliere i media giusti per promuovere il tuo messaggio. Qualsiasi sia la tua scelta non dimenticarti mai di sfruttare al meglio i social media, utilissimi per una rapida diffusione della tua pubblicità con costi limitati, soprattutto se la campagna stimola la condivisione virale.
IL PUNTO DI DOMANDA
Porre una domanda è un ottimo modo per creare immediatamente un ponte tra emittente e ricevente.
La domanda crea interazione e coinvolgimento attirando l’attenzione del target che, in questo modo, si sente preso in considerazione e non passivo spettatore di un monologo.
IL TONO DI VOCE POSITIVO
Cosa dico e come lo dico? Il messaggio deve essere chiaro e decodificabile. Le comunicazioni no-profit costituiscono un terreno piuttosto scivoloso per i creativi in quanto non stiamo parlando di temi leggeri o divertenti.
Molto spesso si ricorre a soluzioni drammatiche che contribuiscono a creare pubblicità dai climi cupi e inquietanti mirati a suscitare angoscia nell’osservatore.
Per farsi ricordare è meglio puntare invece su un messaggio che comunichi emozioni positive, che diano caloree che facciano sorridere predisponendo l’osservatore ad avere un atteggiamento positivo nei confronti del messaggio.
CALL TO ACTION
Una “call to action” è un invito che spinge il destinatario della comunicazione ad agire. È importante che sia presente all’interno della nostra comunicazione per invogliare il target a modi care i propri comportamenti rispondendo ad un nostro invito.
Un esempio concreto
Lo spot a cui ho lavorato insieme ai miei compagni di corso Luca Comincioli e Massimiliano De Marinis nasce in occasione di un concorso interno all’Accademia SantaGiulia, ideato dal nostro professore Claudio Gobbi e dall’artista Fabio Bix. Obiettivo del concorso raccontare la ludopatia con un video leggero e divertente che pubblicizzi una serie di eventi dal nome “C’arte – Giochiamo o ti fai?” dedicati alla dipendenza dal gioco d’azzardo.
Sulla base di questa richiesta, abbiamo deciso di affrontare il tema attraverso un breve racconto illustrato. Protagonista è un calderone all’interno del quale sta bollendo una pozione. Diverse mani aggiungono ingredienti: carte da gioco, fiches e dadi che trasformano la pozione in un veleno. Solo l’amore, rappresentato dai cuori ricavati dalle carte, può sconfiggere il male e trasformare il veleno in una pozione di vita.
Guardalo subito !
Valeria Fogazzi
I anno del Biennio Specialistico in Grafica e Comunicazione
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