Quello che avrei voluto sapere prima di iscrivermi all’università
…E che nessuno ha mai avuto il coraggio di dirmi!
L’adolescenza è una partenza verso un mondo che diventerà proprio: quello degli adulti, posto tanto temuto e tanto desiderato.
Per arrivarci, è necessario intraprendere diverse strade, che non sono né giuste né sbagliate, ma nostre. L’adolescente le intraprende cercando la propria identità nella musica, nei vestiti, nell’arte, nelle amicizie.
Poi all’improvviso, dopo 5-6 anni di esperienze bizzarre, asocialità e socialità, catastrofiche cadute e picchi di euforia ecco arrivare il quinto anno della scuola superiore.
E per molti, la domanda “Cosa voglio fare nella vita?” è una piccola sfera di piombo che si porta nel petto per lunghissimi mesi. Alcuni la ignorano e camminano in modo buffo per sorreggere tutto quel peso, altri hanno già chiaro e lineare il futuro davanti a sé e portano la pallina nel petto con fatica ma con andamento sicuro.
Quello che voglio dirvi è che la mia pallina nel petto la sento ancora, e la sua impronta non mi lascia mai.
Questo, però, non è un male: la pallina mi spinge continuamente a conoscere ed esplorare ciò che sono, quello che non ho ancora capito di me. L’esperienza di lavoro nell’ufficio orientamento dell’Accademia SantaGiulia quest’anno mi ha fatto ritrovare la me stessa di 5 anni fa.
Spesso vedo nei ragazzi che mi chiedono informazioni su cosa sto studiando, su cosa mi offre l’Accademia di Belle Arti, un’ansia che opprime la loro capacità di guardarsi dentro, ansia che avevo anche io, dettata da parole che rimbombano nella testa da molti anni.
Molte volte queste parole sono state dette da genitori, fratelli maggiori, persone che hanno conosciuto in qualche esperienza lavorativa o a scuola.
A questo proposito, voglio dirvi una cosa che avrei voluto sentirmi dire qualche anno fa:
Il tuo futuro lavoro sei tu.
E per favore, non badate a chi vi dice che il lavoro non c’è. Pensare che il lavoro sia un fattore esterno da trovare, in cui sperare, da pretendere o supplicate è l’errore più comune che, purtroppo, fanno i genitori.
Credetemi, non lo fanno apposta: nei loro figli rivedono sé stessi alla loro età davanti a questa scelta, spesso condizionati dall’insicurezza dei loro stessi genitori che volevano “un futuro sicuro” per i loro figli.
A questi genitori è importante ricordare che sono passati anni dalla loro scelta, il mondo è cambiato radicalmente, che voi siete diversi da loro, e che avete bisogno di appoggio e dialogo.
Quella di adesso è una realtà potenzialmente meravigliosa e ricca di opportunità inesistenti anche solo 10 anni fa.
Per far sì che lo sia, ognuno di noi deve compiere il suo viaggio dell’eroe.
Diventa eroe solo chi sente una determinata missione come sua e la intraprende.
Per questo la scelta dell’università non è altro che la scelta della propria missione.
Scegliere la missione sbagliata comporta malessere e mediocrità che si manifesteranno in noi e in ciò che lasciamo al mondo, azioni che non saranno mai atti eroici.
Come capire qual è la nostra missione?
Chiedersi “cosa ci fa stare bene” è la prima domanda. La seconda, è “come possiamo contribuire alla crescita della nostra società con quello che ci fa stare bene, che ci piace fare e che ci fa sentire vivi”.
Il lavoro che avrete è in divenire e non è fatto di punti fissi, ma di quello che siete e che volete essere.
Il vostro cammino, se vissuto con l’animo di un eroe, sarà pieno di vittorie perché nessuna caduta potrà scoraggiarvi e farvi mollare, ma vi darà la vera forza per andare avanti.
Il fantomatico “mondo degli adulti” non è solo uno, non è una realtà definita in cui solo ingredienti certi creano la “ricetta giusta per avere un lavoro”.
Il nostro mondo è un caleidoscopio dalle mille sfaccettature, tutte indispensabili per creare un ambiente in cui le vecchie generazioni dialogano con le nuove generando ambienti di lavoro stimolanti ed efficienti.
Voglio dirvi un’altra cosa che mi sarebbe piaciuto sentire 5 anni fa:
Se il tuo impegno è alto e costante, diventi indispensabile.
Le nostre paure sul futuro condizionano quanto impegno mettiamo in quello che facciamo, anche se la nostra scelta universitaria è quella che fa per noi.
Se non ci crediamo veramente, stiamo dando ragione alle nostre paure, a cui daremo ragione quando nei successivi anni i frutti non ci saranno a causa di questo atteggiamento.Un circolo vizioso quindi, un serpente che si mangia la coda.
Abbiate fiducia in ciò che vi piace perché il vostro impegno vi ripagherà.
Spesso le mie paure le immagino come un grande coniglio rosa che blocca le porte delle opportunità della mia vita. È un animale carino e affettuoso che mi vuole proteggere, ma che se viene messo davanti ai miei desideri mi nasconde occasioni importanti.
Ho odiato tanto questo coniglio rosa, ma con gli anni ho imparato che non devo cercare di metterlo in una gabbia, perché è una paura che può essere utile a farmi diventare riflessiva e coscienziosa di fronte alle porte importanti.
Io e il mio coniglio ora viaggiamo insieme.
A volte è giusto scazzottarsi con il proprio coniglio, ma intraprendere un viaggio insieme a lui come compagno e non come barriera ci darà la possibilità di vedere tutte le porte che avremo davanti a noi, e di aprirle con coraggio.
Giulia Gafforelli
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