Il sonno, una rinascita
Il cervello che inizia a turbinare, a sognare ad occhi aperti, quando basterebbe soltanto addormentarsi. Pensare, pensare, pensare: se solo tenessi un block notes sul comodino oggi potrei aprire una fabbrica di idee, più o meno buone.
Fetale contro il muro, poi supina, poi a pancia in giù, poi di nuovo fetale ma verso la porta e nel frattempo le lenzuola si attorcigliano come tentacoli, un mostro notturno che ti chiede ti fermarti e riposare. È una vita che dormi, eppure sembra che tu non sappia mai che posizione assumere, come se di notte in notte il tuo baricentro cambiasse e tu dovessi sempre individuarlo, come una livella umana che cerca di mettere in asse la propria bolla.
Poi ti coglie all’improvviso, con i muscoli che si intorpidiscono, la mente che si dilata e si svuota. E poi c’è quello che io chiamo “il limbo”: dura qualche minuto, quando sei sul filo sottile che separa il sonno e la veglia, potresti decidere di aprire gli occhi, oppure lasciarti trasportare dalla corrente buia e rilassante che sfocia in un mondo subacqueo, dove i movimenti sono rallentati, la luce inesistente e i rumori lontani e ovattati come quando nevica. Come quelle sfere di vetro natalizie che si vedono nei film, riempite di fluido e palline bianche, che quando le scuoti creano favolose nevicate sulla città in miniatura. Io mi sento proprio lì dentro, in una dolce apnea, in attesa di essere intrattenuta da un nuovo sogno.
Una volta sognai di morire; non ricordo cosa capitò, solo che qualcuno me lo annunciò e io avevo la consapevolezza che di lì a poco sarei morta.
Ero estremamente tranquilla, spesso i sogni ti fanno i dispetti, ti fanno correre piano quando c’è da scappare, ti fanno mancare la voce quando è necessario urlare. In quell’occasione invece fu la migliore morte che potessi sognare; ero felice e aspettavo, non ero preoccupata né del come né del quando.
La cosa bizzarra è che mi ricordai di questo sogno solo nel tardo pomeriggio, ero in auto con delle amiche e avevamo appena superato la carcassa di un riccio investito. Allora pensai alle ossa rotte, alla carne in decomposizione, all’assenza di vita e mi venne in mente il sogno, che da sveglia mi sembrò ancora più bello, perché ero riuscita ad eliminare tutta la realtà della morte; nel sonno si trattava di un semplice abbandono, senza nessun tipo di paura.
Il sonno è assolutamente un piacere.
Mi piace veder riaffiorare i sogni durante la giornata, cercare di capirne il significato. Mi piace stirarmi la mattina, riacquistare forza nella muscolatura e lucidità nella mente. Mi piace sentire i rumori e le luci che entrano nella mia sfera dove smette di nevicare e pian piano si svuota d’acqua, lasciandomi nuda e al freddo, come un neonato. Dalla morte alla vita, ogni mattina rientro nel mondo un po’ più nuova, ma sempre un po’ più vecchia. Sì, il sonno è come una rinascita.
Ilaria Delbono
II anno del triennio di Grafica
Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia
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