La creatività non è un’opzione

Pubblicato da Hdemia SantaGiulia il

L’artista Isabelle Dehais ci ha raccontato e spiegato come l’arte possa essere uno strumento di conoscenza e autoconoscenza, dando particolare valore alla sfera infantile.

Ci ha, inoltre, lasciato un grande insegnamento:

La rivoluzione viene dal bambino, se non cambiamo il modo di stare con lui non possiamo cambiare il modo di stare nel mondo.


QUARTO INCONTRO a distanza

L’11 e il 20 aprile 2020 abbiamo avuto l’occasione di conoscere Isabelle Dehais.
L’Artista nasce in Canada ma trascorre l’infanzia tra gli Stati Uniti e la Francia. Dopo gli studi di restauro a Firenze, designa l’Italia come base lavorativa e di approfondimento culturale. Negli anni segue un percorso di ricerca che attraversa il restauro, la decorazione pittorica, la scultura (Accademia di belle Arti di Roma), la fotografia, il ricamo e l’arte terapia (Master triennale AEPCIS, Roma), con un occhio di riguardo all’infanzia (Formazione Arno Stern, Parigi).

Incontro con Isabelle Dehais
Incontro con Isabelle Dehais

Isabelle si focalizza sull’arte come strumento di conoscenza e auto-conoscenza, ponendo particolare attenzione alla sua dimensione come linguaggio di confine, mediatore delle relazioni spaziali interne ed esterne, in osservazione dei processi della natura, del silenzio, ma anche sensibile a narrazioni antiche.

LA RIVOLUZIONE STA NELL’INFANZIA

È durante questa riflessione che emerge una figura importante: Arno Stern, pedagogo, che nel dopo guerra, entrato in contatto con bambini catturati dal piacere di dipingere, elabora una struttura funzionale allo sviluppo dell’espressione dell’infante, il Closlieu. Esso diventa un vero e proprio “setting” per osservare i processi generativi presenti nelle tracce del bambino.

Diversamente da altre discipline, infatti, il disegno non ha bisogno di essere insegnato al bambino piccolo, anzi forse è auspicabile lasciarlo seguire il suo impulso spontaneo a tracciare. 
Closlieu, il luogo del gioco del dipingere.
Closlieu – Il luogo del gioco del dipingere

Da più di 70 anni Arno Stern osserva i bambini tracciare con la tempera dentro uno spazio protetto giungendo a delle considerazioni che aprono nuovi modi di comprendere il nostro rapporto con l’espressione creativa, presente fin dall’inizio della nostra capacità di maneggiare una matita.
Stern comprende l’importanza del gioco come iniziatore di creatività e il Closlieu diventa il luogo del gioco del dipingere.

Il Closlieu, o come lo definisce Isabelle “spazio uterino”, presenta alcune caratteristiche: prima di tutto bisogna avere uno spazio chiuso senza finestre, avere un table palette centrale (tavolozza), devono esserci 18 colori con 3 pennelli ed essere disponibili fogli di carta 50×70 cm con puntine. Lo spazio deve essere predisposto per lavorare in piedi e non ci si deve insegnare nulla. Deve esserci un approccio naturale al disegno poiché il bambino ha un suo tempo e una sua modalità e, pertanto, deve essere libero di seguire il suo impulso.

Lo spazio è dedicato all relazione con se stesso.

La libertà per evitare il giudizio

A gran sorpresa dei genitori i dipinti non vanno mai a casa, ma il motivo è semplice: evitare che il bambino venga sottoposto a giudizio volontario o involontario da parte dei genitori stessi, parenti o qualsiasi adulto che possano interagire. Ciò sottolinea, ancora una volta, l’importanza della libertà del bambino, che non deve essere sottoposto ad alcuna influenza o giudizio. Il disegno è una sfera privata, in cui si entra in relazione con sé stessi, dove il bambino confronta il proprio vissuto ed esperienze.

Ultimo punto, ma non meno importante, l’adulto che assiste opera con lo spirito di servire.

Il bambino ha bisogno di esser visto.

Il segno come espressione

Arno Stern compì una ricerca interessante, catalogò i segni tracciati dai bambini, notando che le figure primitive si trasformavano in oggetti. La formulazione, o meglio aggregato di segni grafici, secondo Arno Stern ha un carattere evolutivo e universale.

Per dimostrarlo si recò in posti remoti in Africa e in Sud America ad osservare i disegni di bambini che non fossero stati sottoposti a una influenza formativa occidentale. Constatando che, questi segni primari, emergono in tutti gli infanti spontaneamente all’interno di immagini rappresentative.

Può capitare, però, spesso che il bambino ripeta gli stessi segni o disegni e questo fenomeno viene definito reiterazione. Secondo Sten sarebbe un processo importante, in quanto il bambino ripete, perché sta elaborando qualcosa o una passione.

La sua traccia è un’avventura. Un modo per rafforzare la consapevolezza di saper fare.

I segni raccontano il vissuto del bambino, poiché di parole non ne conosce ancora abbastanza per esprimersi con esse. I segni sono la traduzione della sua memoria organica, dell’esperienza vissuta.

Di conseguenza, la formulazione è la possibilità di entrare in contatto con sé stessi; è l’incontro tra il vissuto e il mondo esterno. L’ obbiettivo del Metodo Stern è quello di crescere un bambino sereno, sicuro di sé e senza traumi legati al giudizio. 

“Il bambino nello spazio steineriano vive nel processo, non ha un attaccamento nei confronto del disegno. Non sta facendo qualcosa per qualcuno”. 

La frase con cui Isabel ci ha salutato rappresenta per noi una riflessione per il futuro. 

“Non ricercate l’omologazione ma la diversità, perché la differenza crea possibilità.”

RIFLESSIONI FINALI

Quattro incontri molto diversi ma che comunicano perfettamente l’uno con l’altro.
Bellezza, spazio, ascolto e arte sono state la parole più ripetute dalle nostre artiste e maestre. Parole comuni, ideali comuni. È stato bello ascoltarle, eravamo a distanza, ma la loro forza, il loro credo, la loro idea di arte e di scuola bucava gli schermi attraverso parole ed immagini. Tutto questo per i bambini, che abbiamo imparato non essere “solo bambini”, ma creature splendide che hanno tutto il diritto di splendere.

Scritto da
Studenti del biennio specialistico di Scultura Pubblica Monumentale

Revisione di
Professoressa Damiana Gatti, docente di Pedagogia e didattica dell’arte e Didattica per il museo
Editing
Valentina Dantes, studentessa del III anno di Web e Comunicazione d’impresa


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